La sinistra, dal suo canto, ripete che trattasi solo di ossessione complottista finalizzata a sottrarsi alla giustizia. Però, obiettivamente, è davvero difficile crederle. Forse perché se la politica è indubbiamente corrotta (e lo è!), è statisticamente impossibile che la corruzione (come la concussione) stia solo e sempre da una parte e dall’altra ci siano esclusivamente santi e vergini, senza macchia e senza peccato, incorruttibili e moralmente corretti. Non può essere possibile, né è probabile. E allora, l’idea del complotto politico… del tentativo di aggirare il consenso elettorale riscosso da Berlusconi, utilizzando la giustizia, non è un’idea così campata in aria. E questo perché il magistrato non è esente dalle influenze politiche. Non è una macchina o qualcuno che vive fuori dalla vita sociale italiana. Anzi, per sua stessa natura e funzione, il magistrato vive profondamente le vicende politiche del nostro paese, perché la fonte della legge che lui deve applicare è e resta la politica.
Ma poi, per rendersi davvero conto di quanto il rapporto tra magistratura e politica (soprattutto una certa parte politica) vada al di là del semplice conflitto tra Berlusconi e la Procura di Milano, bisogna partire dal presupposto che la Magistratura è il terzo potere dello Stato, e non è da esso e dalle sue vicende politiche avulso. Partendo da questo presupposto fondamentale, è sufficiente esaminare le norme che disciplinano la nomina di Giudice Costituzionale o di membro del Consiglio Superiore della Magistratura: norme che prevedono che una parte di questi soggetti vengano eletti nelle rispettive cariche dal Parlamento e dal Presidente della Repubblica, i quali non sono altro che espressione della politica. È sufficiente, ancora, verificare quanti magistrati lasciano o hanno lasciato la toga per diventare parlamentari, e addirittura ministri. Sono tanti, e quasi tutti (anzi forse tutti), hanno militato o militano nel centrosinistra. Questo vorrà pur dir qualcosa. O no?
Dire pertanto che il magistrato è esente da qualsiasi influenza politica, o semplicemente pensare che egli agisca per puro fine di giustizia è una verità solo a metà. Probabilmente questo accade quando il magistrato opera sui casi comuni; quando cioè la sua attività si rivolge verso il normale cittadino e la normale criminalità. Ma è chiaro che quando egli si trova davanti a un procedimento che coinvolge un politico, soprattutto un politico di un certo livello e la cui azione politica è contestata (a ragione o torto) a tutti i livelli sociali e istituzionali, le sue valutazioni difficilmente saranno esenti da considerazioni pure di carattere politico, per quanto egli si sforzi in questo senso. Chiunque di noi – e dunque anche il lettore che legge questo articolo (di sinistra o di destra o di nulla che sia) – sa perfettamente che così è. È un po’ come il prete che consola una donna attraente con un profondo decolté. Per quanto egli sia uomo di fede e di Chiesa, per quanto egli abbia la forza di non lasciarsi indurre in tentazione, il suo occhio cadrà sulla scollatura e fondamentalmente desidererà quella donna. Perché è una cosa naturale (il peccato è una valutazione morale e di fede); così come è naturale che un uomo o una donna che vivono in una società, svolgendo un ruolo fondamentale come quello di giudice o procuratore, abbiano una loro opinione politica e che questa alla fine rischi di influenzare anche decisioni che con la politica poco dovrebbero avere a che fare.
È chiaro, d’altro canto, che oggi l’estrema conflittualità tra magistratura e potere legislativo, è legata proprio a questa convinzione. Ma se è da respingere il dogmatismo secondo il quale tutti i magistrati sono politicizzati, è altrettanto da respingere il più insidioso dogmatismo secondo il quale la magistratura è scevra da qualsiasi influenza politica, o che alcune sue azioni non possono e debbono essere lette in chiave politica. Non sarebbe possibile altrimenti giustificare quasi mille pagine di documentazione su un reato di concussione, che per quanto grave sia non è un reato di strage o di terrorismo; né sarebbe possibile registrare la costante e sistematica violazione del segreto istruttorio e della privacy dinanzi a reati che riguardano il Presidente del Consiglio, e solo lui o i politici che gli gravitano attorno.
Ancora una volta – seppure odio ripetermi – al di là del singolo caso politico, siamo dinanzi a un pesante conflitto tra i poteri dello Stato, che certamente non potrà cessare con l’esproprio giudiziario del governo scaturito dalle urne. Il conflitto piuttosto cesserà solo e se si addiverrà a una riforma della giustizia capace di ripristinare anche per il magistrato lo stato di legalità, e dunque la sua sostanziale (e non solo formale) subordinazione alla legge. Il che accadrà quando verranno ripristinati i necessari equilibri costituzionali fra i due poteri, eliminati troppo frettolosamente con l’abolizione del vecchio articolo 68 della Costituzione, pure attraverso tutti quei meccanismi atti a garantire una giustizia più celere ed equa per i cittadini. Naturalmente, casta permettendo…
Autore: Il Jester » Articoli 1379 | Commenti: 2235
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Tags: art. 68 cost., berlusconi, csm, giustizia, magistrati, magistrati politicizzati, magistrato, Magistratura, procura, procura di milano, toghe rosse Potrebbero interessarti anche:-
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giulio
non sarebbe opportuno vietare,minimo 5 anni,ai magistrati prima di entrare in politica?
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Il Jester
Già, lo sarebbe…