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E’ nata prima la cotoletta o la wiener Schnitzel?

Creato il 15 luglio 2013 da Tiziana Zita @Cletterarie

OLYMPUS DIGITAL CAMERAE’ nata prima la co(s)toletta alla milanese o la wiener Schnitzel?
Questa, l’annosa questione che divide da più di un secolo milanesi e austriaci.
Iniziamo da Milano, dove già “Orazi e Curiazi” si scontravano sulla definizione “costoletta” o “cotoletta”. A rigor di significato, la costoletta è un taglio di carne, la lombata dell’animale attaccata alla costola (dunque ha l’osso), mentre la cotoletta è una preparazione culinaria, ossia della carne impanata e fritta (con o senz’osso poco importa). “Quindi la cotoletta è la fettina panata!?”
Esatto. La fettina panata è una cotoletta senza osso. Tra i gastronauti è chiamata anche “orecchia d’elefante” perché può essere molto larga e piatta, ma tra i non milanesi è nota così. 

Mentre la cotoletta, o fettina panata che dir si voglia, spesso è fatta col vitellone ed è così sottile che quasi non si sente la carne – che tanto fritto è buono pure il cartone riciclato dell’Ikea – la costoletta alla milanese a regola d’arte è una lombatina di vitello il cui spessore ideale, se non si riesce a raggiungere lo stesso dell’osso, deve essere di almeno un centimetro.
In entrambi i casi la carne va passata nell’uovo sbattuto, nel pangrattato (secondo l’Artusi mescolato col parmigiano, ma è facoltativo) e fritta nel burro! No, niente olio, né tantomeno va messa in forno… la cotoletta è fritta. E se si è a dieta si mangia qualcos’altro! Ah, e il contorno per antonomasia sono le patatine fritte, ovvio!

Passiamo ora alla wiener Schnitzel che, nonostante l’aggettivo geograficamente austriaco, è onnipresente in tutti i menù della Germania, accompagnata da patate lesse al prezzemolo, o dalle Bratkartoffeln, cioè patate rosolate a fuoco basso, in padella, con pancetta affumicata e cipolla finché non sono croccanti e abbrustolite.
La Schnitzel più conosciuta è di maiale (almeno quella tedesca), senz’osso, di una pezzatura che a volte sfiora il metro quadrato, alta circa un centimetro, fritta anch’essa nel burro che l’olio EVO (Extra Vergine di Oliva) da queste parti costa talmente tanto che di certo non lo usano per friggere e, soprattutto, è passata prima nella farina, poi nell’uovo e infine nel pangrattato.

Quindi in realtà in comune le due hanno solo che sono fritte!

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Per capire la diatriba bisogna però immergersi nel contesto del Risorgimento Italiano, Unità d’Italia, le Cinque Giornate di Milano, Patriottismo & Co.
La dominazione austriaca pesava e quindi ogni scusa era buona per litigare… poi per gli italiani discutere della superiorità della loro cucina rispetto alle altre è un must, figuriamoci quando si trattava della propria libertà!

Ecco che pare che addirittura il feldmaresciallo Johann Josef Wenzel Anton Franz Karl Graf Radetzky von Radetz, Jo per gli amici, ad un certo punto si lascia scappare di aver cenato a Milano con una fetta di carne passata nell’uovo, impanata e fritta molto diversa (sottintendendo più buona, ovviamente!) da quella di Vienna che invece era solo infarinata e uovata. Ai milanesi non sembrò vera questa ammissione di superiorità culinaria/culturale… il resto lo sapete.
E comunque non ci sono prove di questa dichiarazione.

A questo punto, superata la filologia gastrostorica e per placare i brontolii dello stomaco, c’è in arrivo una cotoletta per così dire estiva che fa riferimento, giusto per confondere un po’ le idee, alla schnitzel israeliana (!!!), cioè di pollo e fritta in olio perché secondo i dettami Kasher/Kosher il maiale è vietato e poi non si possono associare latte e derivati con la carne.
Io ho aggiunto la marinatura in frigo con l’aceto, chiamata scapece dai napoletani e saor dai veneti, in ogni caso fantastica da mangiare in spiaggia dopo il bagno, aspettando di asciugarsi per rispalmarsi di crema solare!

POLLO ALLA SCAPECE

Ingredienti per 4:

700 gr di petto di pollo

1 cipolla rossa

3 carote

100 gr di farina

100 gr di pangrattato

2 uova grandi

250 ml vino bianco

250 ml aceto di vino bianco

Qualche foglia di basilico

Una manciata di pomodori secchi (opzionale)

2 cucchiai di semi di sesamo

Sale, pepe

Olio Extravergine

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Tagliare i petti di pollo a fettine sottili e dividerli in pezzi adatti al contenitore che userete per marinare.
Passarli nella farina, nell’uovo sbattuto e nel pangrattato precedentemente mescolato col sesamo.
Friggerli in olio bollente e farli scolare su carta da cucina, salare e pepare.
Tagliare la cipolla e la carota a pezzetti e farli saltare in una casseruola con un paio di cucchiai di olio, aggiungere il vino, l’aceto, sale, basilico e far bollire per qualche minuto, in modo da farlo ridurre un po’.
Posizionate a strati il pollo, i pomodori secchi tritati se li usate, le foglie di basilico e versate sopra tutto la marinata calda, facendo attenzione a far sì che tutto il pollo sia coperto.
Fate riposare in frigo per almeno una notte e mangiate a temperatura ambiente.

Con questo post sulla cotoletta s’inaugura la rubrica “Ricette letterarie”. La scrive Simona Chiocca, appassionata di cucina e cuoca provetta. Partenopea, romana d’adozione, lavora nella produzione cinematografica. Da qualche mese è a Berlino, dove ha già farcito una Billy con i suoi libri di cucina…


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