Nel cuore dell'Europa c'ê qualcuno che ha una visione economica non allineata con quella di Bruxelles e dei suoi burocrati. Un'idea di un'Europa non berlino-centrica e non proiettata verso l'appiattimento delle autonomie e delle tradizioni delle popolazioni che la compongono, un'Europa che non mette al centro delle proprie strategie politiche ed economiche gli interessi del settore finanziario ma invece gli interessi dell'economia reale.
L'Ungheria, un piccolo paese di circa dieci milioni di abitanti, sembra non volerne proprio sapere di allinearsi ai dettami di Bruxelles. Naturalmente le critiche verso il suo leader di governo, Viktor Orbán, non sono mancate: accuse di populismo per una serie di misure fiscali sfavorevoli alle banche e ai grossi gruppi energetici e accuse di fascismo per aver ricordato i drammi vissuti dagli ungheresi durante l'invasione sovietica.
Gli sforzi del governo ungherese sono attualmente orientati soprattutto in due direzioni: ridurre il debito pubblico e attirare l'interesse degli investitori esteri attraverso politiche fiscali liberiste. Flat tax al 10% per le aziende e al 16% per le persone fisiche (ma nel giro di tre anni il governo vuole abbassarla al di sotto del 10%), costo del lavoro tra i più bassi d'Europa ("Classifica degli stipendi più alti (e più bassi) nei paesi OCSE"), una burocrazia poco costosa e abbastanza efficiente, infrastrutture sviluppate e moderne, sono alcuni degli ingredienti che stanno attirando gli investitori in Ungheria. Mercedes, Audi, Infineon, Vodafone e Takata sono soltanto alcune delle aziende più conosciute che hanno deciso di fare grossi investimenti sul territorio ungherese.
Secondo alcuni osservatori, ci sarebbero fondati motivi per credere che l'economia reale del paese possa presto decollare. Infatti esisterebbero risorse naturali (gas) ancora inesplorate nel sottosuolo dell'Ungheria che, se sfruttate, potrebbero parzialmente spostare il baricentro energetico europeo dalla Russia verso il piccolo paese sulle rive del Danubio.
Sul fronte finanziario, ormai da qualche anno, il Ministero dell'Economia Nazionale, ha avviato un processo per creare un ambiente con un apparato fiscale, un sistema legislativo e di mercato tali da stimolare gli investimenti stranieri e che possa facilitare la crescita del tasso di risparmio domestico nel lungo termine. L'obbiettivo è di far diventare l'Ungheria il centro finanziario dell'Europa Centrale, un hub di servizi e di professionisti di alto livello che possa essere paragonabile al Lussemburgo. Ad oggi sono numerosi i fondi di investimento attivi ma il loro numero è destinato ad aumentare, portando maggiore competizione nel mercato, soprattutto dal momento in cui l'Ungheria adotterà la direttiva europea UCITS IV, cosa a cui stanno alacremente lavorando i funzionari governativi del Ministero dell'Economia Nazionale.
Anche la politica monetaria ungherese, molto criticata dai banchieri europei, va in una direzione assai diversa rispetto a quella della BCE (Banca Centrale Europea). Il governo spinge l'espansione monetaria per mantenere un rapporto di cambio con l'euro favorevole alle esportazioni ungheresi.