Il gruppo di Bernard Arnault e la famiglia Hermés pongono fine ad una guerra ‘azionaria’ durata quattro anni: LVMH cede parte dei suoi titoli e ridimensiona il proprio ruolo nella società di prêt-à-porter.
Post nubila Phœbus. Dopo quasi quattro anni di belligeranza “non dichiarata”, per i due giganti del lusso LVMH e Hermés è giunta l’ora di sotterrare l’ascia di guerra. Martedì scorso, davanti al presidente del tribunale di commercio di Parigi – Frank Gentin – le rappresentanze dell’holding di Bernard Arnault e del gruppo di proprietà della famiglia Hermés sono convenute alla sottoscrizione di un ‘accordo di pace’ che propone, in tre punti, un quadro di incentivi consono all’individuazione di un’intesa comune.
In concreto, la prima e più importante misura dell’accordo prevede un disimpegno considerevole della partecipazione di LVMH nel capitale di Hermés. Tanto per ripercorrere i passi del ‘casus belli’ che ha portato i due colossi ad un’ostilità avvelenata a suon di sciabolate e colpi bassi, occorre effettuare un excursus cronologico che riconduce alle tensioni del 23 ottobre 2010; precisamente, quando il numero uno del lusso internazionale spiazzò tutti gli azionisti del gruppo Hermés comunicando di detenere il 14,2% sulla proprietà del brand d’alta moda. Una prospettiva agghiacciante per l’amministrazione di Rue du Faubourg Saint-Honoré, resa possibile attraverso una serie di operazioni finanziarie offuscate, condotte dalle tre società che rispondono al nome di Bernard Arnault: rispettivamente ‘LVMH’, ‘Dior’ e ‘Groupe Arnault’.
Ma la replica degli eredi del ‘sellaio’ Thierry Hermés non si fece attendere; seguì dunque la creazione dell’holding di famiglia volta a contrastare l’offensiva di Arnault, società nella quale fu messa sotto custodia la maggior parte delle partecipazioni del gruppo per impedire al titano di “Christian Dior” di assumerne il controllo. Malgrado ciò, grazie alle stesse spregiudicate operazioni finanziarie che hanno permesso a LVMH di montare sulla ‘sella’ di Hermès, a fine giunto 2014 il malloppo azionario di Arnault aveva raggiunto il 23,4 % della partecipazione azionaria – tradotto in un valore pari a 6,4 milioni di euro, con plusvalenze vicine ai 3 milioni. Ora, con l’accordo siglato il 2 settembre, gran parte di questo tesoro sarà ridistribuito tra gli azionisti del gruppo Hermès – mentre alla holding multinazionale di Arnault resterà l’8,5 % degli utili.
Casus foederis, l’ingerenza inaspettata di LVMH negli affari di Hermès è riuscita ad unire e compattare i tre rami della famiglia, che storicamente non sono mai stati sulla stessa lunghezza d’onda, nell’unico obiettivo di salvaguardare la proprietà della società dalle mani di Arnault. A tutt’oggi, le relazioni ‘parentali’ della proprietà ripartono con il cambio di vertice che si terrà in gennaio; in vista di tale appuntamento, è certo che l’attuale amministratore delegato, Patrick Thomas – pronipote diretto del fondatore e rappresentante della quinta generazione di Hermes – non lascerà di buon grado il timone al successore Alex Dumas. Si tratta, del resto, di una controversia già riscontrabile nella richiesta inoltrata da parte della presidenza Thomas in giugno alla corte commerciale, in cui si chiedeva di rinviare l’esame della denuncia fatta a LVMH, con il fine di prendere del tempo sugli sviluppi della contesa e quindi sul passaggio di consegne in amministrazione. Ma la corte ha respinto tale proposta, lasciando al marchio delle borse di Grace Kelly l’intervallo necessario per dirimere le questioni famigliari nei prossimi mesi.
Un accordo senza vincitori né vinti, d’altro canto. Ai tre gruppi di Bernard Arnault coinvolti nella contesa, sarà vietato l’acquisto di nuove quote di Hermès per i prossimi cinque anni. Questo impegno, insieme al pagamento di un’ammenda dell’importo di 8 milioni di euro, delineano le linee guida della seconda e terza parte della sentenza emanata il due settembre dalla corte commerciale di Parigi. L’insieme delle operazioni dovrà essere completato entro il 20 dicembre.
Per il magnate del lusso Arnault si tratta di un effetto domino che spazzerà via una delle più belle e spregiudicate operazioni finanziarie di tutti i tempi, compiuta attraverso la compartecipazione dei tre gioielli del lusso di sua proprietà; in questo senso, oltre all’onta della cessione del 15% dei profitti di Hermès, potrebbe palesarsi il rammarico di non aver venduto al tempo opportuno quel tesoro coltivato nella società di prêt-à-porter. Probatis extremis, per il numero uno di LVMH ciò sarebbe stato più auspicabile di una scalata al potere nel gruppo Hermés, visto che egli stesso ha dichiarato di non avere mai pensato ad assumerne il controllo. Ma queste sono solo ‘speculazioni’.