Per una volta non ho dovuto spaccarmi la testa per gli auguri del 2016 dietro l'angolo, l'urgenza di una riflessione sulla precarietà mi è apparsa evidente. Non è che non conoscessi la parola, ma per anni raro, rarissimo il suo impiego nel mio linguaggio quotidiano, ho vissuto a lungo in beate sicurezze sia perché i tempi socialmente- economicamente- politicamente lo consentivano, sia perché negli anni giovanili il dubbio non è di casa e tanto meno la preoccupazione per la caducità delle umane cose, poca esperienza e tante idee con la sfrontata immaturità di ritenerle sempre giuste.
Certo non sono mai mancati i filosofi che per fortuna sfrucugliano la mente e poi l'arte e la letteratura, fonti inesauribili di riflessione, hanno fatto il resto. Penso per esempio al "Mestiere di vivere" di Pavese, alle riflessioni del Caligola di Camus o alla commovente tenace ricerca artistica di un Giacometti e alle sue sculture eternamente in cammino in un precario equilibrio; sue queste parole:" Ho sempre la sensazione della fragilità degli esseri viventi. Ho la percezione che ad ogni istante debbano contare su un'energia formidabile per stare in piedi, istante dopo istante, sempre con la minaccia di crollare. Questo ogni volta che lavoro dal vero."
L'abbiamo studiato sui banchi del liceo quel Lorenzo de' Medici che poetava "...chi vuol esser lieto sia, del doman non c'è certezza..." poesie, pensieri, saggi, romanzi, aforismi, materiale a iosa, ma tutte riflessioni intellettuali in fondo, esercizi della mente che non coinvolgono emotivamente. Per essere toccati dentro, per misurarsi davvero nel profondo con la precarietà serve l'esperienza diretta, qualcosa che come uno tsunami spazza in un battibaleno ogni certezza sbattendoti in faccia l'esile consistenza di quel sottilissimo filo che è la vita, un'improvvisa malattia, la perdita di una persona cara, il posto di lavoro che salta e c'è la famiglia da mantenere, ancora il mutuo da pagare, la gente che muore assurdamente a un concerto rock o a una partita allo stadio e chi spara gratuitamente all'impazzata nelle scuole, negli ospedali, per strada, poco importa dove..
"Si sta come/ d'autunno/ sugli alberi/ le foglie": Ungaretti concentra la precarietà della vita del soldato in pochissime illuminanti parole e anche ai giovani parigini hanno sparato come a dei soldati, solo che loro non erano né in guerra né in trincea, ascoltavano semplicemente della musica. Il sociologo Baumann ci fa galleggiare, nuotare o affogare in un mondo divenuto ormai, secondo lui, totalmente liquido e noi ci ritroviamo ad essere dei "punti instabili" disorientati da quel processo di liquefazione che investirebbe tutti gli ambiti del nostra vivere, lavoro, vita sociale, bombardamento di notizie, solitudine. Del trio Dio, Patria e Famiglia se n'è fatto in passato un pessimo uso e appare in difficoltà, tramontati per fortuna gli "...ismi" del '900, se ne affaccia uno nuovo nel terzo millennio, l'integralismo e la sua ideologia mortifera con cui dobbiamo fare i conti, ma la nostra modernità liquida stenta a trovare nuove sponde sicure, dove e a cosa ancorarsi se niente è solido, se tutto si squaglia come neve al sole?
Segnato dalla malattia, Terzani definisce l'ultimo tratto di vita che gli è dato da vivere come "un altro giro di giostra" e l'immagine mi piace, come il carosello di un circo dove tutto può ancora succedere fino all'ultimo istante. Sulla scena si alternano giocolieri, acrobati, clown, proprio come in quel bellissimo circo di Calder fatto di un sottile filo di ferro che l'artista trasforma nelle più straordinarie creature. La fragilità come nostro imprescindibile appannaggio, la giostra come metafora della vita umana in un continuo alternarsi di incontri e situazioni, di gioie e difficoltà, colori e ombre; gira la ruota e noi insieme a lei.
" Le grand courage, c'est encore de tenir les yeux ouverts sur la lumière comme sur la mort" scriveva quel grande umanista di Camus ne "L'envers et l'endroit". Il sole, il mare, le vette innevate, l'amore, l'amicizia, c'è di tutto su questa nostra bella terra, ma la scienza e l'etica ci dicono che va tenuta riguardata, non è per sempre, fragile e bisognosa di attenzione pure lei. Già, avere il coraggio di tenere gli occhi aperti, integrare nel nostro vivere quotidiano la consapevolezza della precarietà, questo sembrano dire i tempi correnti. Il coloratissimo tendone del circo di Calder risplende nella notte stellata, entriamoci malgrado tutto con fiducia e gioia e facciamoci gli auguri. Auguri precari s'intende!
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