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È possibile installare il sapere nel nostro cervello?

Creato il 04 marzo 2016 da Trescic @loredanagenna

Penso, dunque sono”, affermava Cartesio. Alla luce delle recenti scoperte sul cervello umano, la citazione sembra ancora più efficace. Il nostro cervello si adatta, si trasforma, si riorganizza di continuo. In un certo senso “segue” i nostri pensieri e opera di conseguenza. Da questo e altri assunti sono partiti, negli ultimi anni, i ricercatori degli HRL Laboratories (Malibù, California). Per arrivare dove?

Per arrivare a una potenziale scoperta che, da romanziere, trovo straordinariamente… stimolante. Il vocabolo non è casuale, dal momento che la notizia è stata diffusa così, dalla sezione “tecnologia” del Telegraph: “Scientists discover how to upload knowledge to your brain (Gli scienziati scoprono come implementare informazioni nel tuo cervello). Knowledge come informazione, dunque. Knowledge come conoscenza. Come sapere. Penso, dunque so, dunque esisto.

Un link diretto al sito del gruppo di ricerca mi offre un titolo più preciso e meno ‘giornalistico’: “HRL demonstrates the potential to enhance the human intellect’s existing capacity to learn new skills” (HRL dimostra il potenziale di accrescimento della capacità innata del cervello umano di imparare nuove competenze). La prima cosa che faccio, solitamente, quando un articolo con una premessa così sconvolgente fa il giro della rete, è verificare la fonte. Lo studio in questione è stato pubblicato su Frontiers in Human Neuroscience, e si può leggere qui.

Il primo pensiero di chiunque, nel leggere un titolo del genere e approfondire il contenuto, va al film Matrix. Ricordate come Neo impara il kung fu? Abbassiamo immediatamente le aspettative. La ricerca del Dr. Matthew Phillips e del suo team non ha tentato di dimostrare questa possibilità, ma la direzione è senz’altro quella giusta. I ricercatori hanno sviluppato un software capace di potenziare l’addestramento in una competenza specifica, come pilotare un aereo, agendo direttamente su determinate aree cerebrali. In questo video ci spiegano come, e potete ammirare lo “scalpo” artificiale utilizzato per lo scopo:

Si tratta di neurostimolazione, dunque. Della possibilità di potenziare l’apprendimento, di aiutare la riorganizzazione del nostro cervello nel momento in cui nuove competenze devono consolidarsi. Stiamo procedendo dritti verso la Singolarità, direbbe Kurzweil, che ci ha già mostrato nelle sue proiezioni come l’umanità stia accelerando il suo processo di avvicinamento all’istante in cui saremo un tutt’uno con l’intelligenza artificiale. Per poi cederle il passo. Nel suo La Singolarità è vicina, Kurzweil aveva serpeggiato tra una miriade di studi atti a descrivere la plasticità del nostro cervello e la maniera in cui si adatta e si riorganizza ampiamente, anche in seguito a eventi traumatici come un ictus. Più impariamo a conoscere il funzionamento di questa macchina straordinaria, prima riusciremo a trasformarla davvero, in una macchina.

Seguo da sempre questo genere di studi perché, in narrativa, prendere spunto dalle possibilità concrete offerte dalla scienza dà a mio modo di vedere una marcia in più al racconto di fantasia. Rende credibile la fiction, regala spunti per future riflessioni, intriga il lettore. In uno dei miei lavori passati, affidavo a un enzima iniettato in un gruppo di donne (che desideravano avere figli) il compito di rimanere silente fino ad attivarsi in corrispondenza di un elevato numero di gonadotropine corioniche (l’ormone della gravidanza). Una volta entrato in azione, avrebbe agito sulle primissime fasi dello sviluppo del cervello del feto, potenziando le sue capacità cognitive. In quel caso, la skill implementata nel nascituro consentiva l’accesso a dimensioni alternative del Multiverso. Il bambino avrebbe vissuto la propria vita ma sarebbe stato consapevole delle infinite altre. Durante la crescita, si sarebbe reso conto che la sua realtà non era l’unica possibile. E che forse c’era un modo per vivere in un altro Sé, per spostare drasticamente il punto di vista sul mondo circostante.

Era fantascienza? Certamente sì. Ma fino a che punto si possono considerare fantascienza degli espedienti narrativi che, nel corso degli anni, trovano corrispondenze nella nostra realtà?Quello che ho sfruttato nella circostanza è stato nient’altro che un corrispettivo macroscopico degli studi microscopici di fisica quantistica. Ho fatto agire i personaggi così come farebbero dei fotoni in uno studio sull’interazione tra particelle subatomiche. Con tutto ciò che ne consegue, principalmente a livello di entanglement. Certo, non si tratta che di fantasia. Ma potremmo tirare in ballo le visioni a dir poco profetiche di Jules Verne, o anche ricordare Marty McFly e il suo visore, indossato addirittura a tavola in Ritorno al Futuro II, così simile a quello che presto sarà nelle case di molti, vista la messa in commercio su larga scala dei dispositivi per la realtà virtuale. Era fantascienza? Era previsione?
È possibile installare il sapere nel nostro cervello?

Ogni novità dal mondo scientifico, pubblicata per essere sottoposta a peer review, è importante per fare un piccolo passo avanti nell’evoluzione e, non c’è dubbio, per donare a tanti autori un nuovo spunto per creare storie di fantasia che lascino al lettore il seguente interrogativo: “e se fosse davvero possibile?”. Non per niente, Christopher Nolan si è affidato alla saggia mente di Kip Thorne per la realizzazione del suo Interstellar. Era tutto un azzardo? Era solo uno script, architettato per intrattenere? O, domani, guarderemo a quell’opera come a un’incredibile anticipazione del futuro?

Che lo studio dei ricercatori venga dunque confermato o meno (loro sono i primi ad affermare che la strada è ancora molto lunga, e che questo è solo un primo passo per aprire un varco importante nella ricerca), che da domani sia possibile imparare una nuova lingua in un tempo notevolmente inferiore a quello che ci serve di solito, non è rilevante. Non importa cosa troveremo nell’immensa caccia al tesoro dei segreti cognitivi. Quello che conta è continuare a cercare.

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