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E presto un tweet li seppellirà!

Creato il 17 luglio 2012 da Ciro_pastore


E PRESTO UN TWITT LI SEPPELLIRÀ - I social network consentono di esercitare il proprio diritto/dovere di controllo sulla classe politica. A me hanno consentito di avere accaniti lettori anche negli Stati Uniti…

Twitter e Facebook come strumenti di democrazia partecipativa E PRESTO UN TWITT LI SEPPELLIRÀ I social network consentono di esercitare il proprio diritto/dovere di controllo sulla classe politica. A me hanno consentito di avere accaniti lettori anche negli Stati Uniti… Tutti conoscono Facebook, molti stanno imparando ad apprezzare Twitter, solo pochi professionisti utilizzano Linkedin. Altri social network, nel recente passato, sono nati e morti nello spazio di un mattino. I tentativi fatti da colossi come Microsoft (myspace) o Google (google+), sono falliti o stanno per fare flop, dimostrano che un social network si impone spesso per ragioni imperscrutabili. Non sempre vince la migliore tecnologia o il miglior progetto comunicativo, anzi. I due maggiori social network, e cioè FB e TWITTER, si sono imposti con due formule assolutamente diverse, ma entrambe sicuramente efficaci. Da una parte, FB punta molto sulla goliardia e sul “cazzeggio” e piace molto più alle donne perché consente loro di avere uno “spazio” virtuale molto più colloquiale, fatto di foto, post di canzoni preferite o di frasi romantiche, nello stile melenso di Paulo Coelho. Dall’altra, TWITTER, invece, a causa della sua modalità stringata di comunicazione (si possono twittare un massimo di 140 caratteri) piace molto più agli uomini e, soprattutto, alle elites politico/intellettuali. Attraverso i “cinguettii” (onomatopeicamente twitt) un politico, ma anche un uomo di spettacolo o un giornalista, riesce a dare il senso della propria posizione rispetto ad una questione su cui, di solito, sono chiamati a disquisire largheggiando con i vocaboli. Se FB è, quindi, un luogo in cui è più diffuso il cazzeggio fine a se stesso, Twitter pare essere il luogo virtuale di incontro di coloro i quali “hanno qualcosa da dire”, seppure con tono scherzoso e con il vincolo della brevità. Insomma, è facile prevedere che lentamente FB si indirizzerà verso una finalità più ludica, mentre TWITTER (anche a causa della sua attuale condizionante limitazione tecnologica) diventerà un moderno tazebao su cui lasciare traccia del proprio pensiero politico o dei propri interessi culturali. Un’altra consistente differenza risiede nel fatto che su FB è decisamente ostico allargare la propria cerchia di amicizie, se non attraverso una sorta di atipica “catena di Sant’Antonio” che solo raramente ti conduce da un vecchio amico delle elementari ad una giovane ed avvenente ragazza brasiliana che non hai mai visto (e che mai vedrai) in vita tua. TWITTER, invece, consente di “seguire” in qualità di follower qualsiasi persona (famosa o meno) di cui ti possano interessare il parere su uno specifico argomento o, comunque, le sue idee in generale. Così, a me è capitato di diventare follower di uomini politici, giornalisti, filosofi, scrittori, registi, economisti: persone che, ovviamente, non conosco personalmente ma di cui stimo il pensiero e a cui ora posso inviare un commento ai loro twitt, sicuro che quanto meno giungerà sul loro PC, tablet o smartphone che sia. Non che questa possibilità apra necessariamente una conversazione bidirezionale, ma quanto meno il follower sa che dall’altro capo della linea il suo potenziale interlocutore potrebbe leggere il suo commento. E se il commento è azzeccato, niente vieta di avere risposta. A me è capitato, per esempio, di interloquire con un notissimo uomo politico campano che ha dominato gli ultimi 20 anni della storia politica della nostra regione. Quando mai avrei potuto farlo senza la possibilità (non solo tecnologica) offertami da TWITTER? Sì certo, in passato avrei potuto mandargli una lettera e, forse, mi avrebbe fatto rispondere da un componente del suo staff. Con TWITTER, invece, sia per la sua facile modalità di utilizzo, sia per il totale abbattimento delle barriere “difensive”, accade che il potente o autorevole interlocutore risponda personalmente, visto che può condensare anche in una sola parola la sua impressione sul commento inviatogli. Niente filtri, nessun intermediario a togliere freschezza ed immediatezza all’improvvisato piccolo dibattito. E così, seppure parzialmente e sporadicamente, si attiva un canale a due vie (bottom-up) fra semplice cittadino e casta politica che, per il semplice fatto di aprirsi, è un po’ meno casta.   Io, poi, uso Twitter anche per linkare i miei articoli pubblicati sui miei due blog ( http://lantipaticissimo.blogspot.com/ e http://golf-gentlemenonlyladiesforbidden.blogspot.com/ ). Ho scoperto che così raggiungo un target che esula decisamente dai miei “fedeli lettori” (siamo a più di 40mila pagine visitate). Ultimamente, infatti, dalle verifiche che effettuo sugli accessi ai miei blog, ho scoperto di avere almeno un accanito lettore che risiede negli Stati Uniti. Non so per quale astruso motivo legga i miei più pepati articoli gossippari, ma vi assicuro che è sempre lì pronto a leggere ciò che scrivo, con un’avidità che mi lascia sorpreso e, direi, anche un po’ orgoglioso. Solo qualche anno fa, non avrei mai nemmeno sognato di poter scrivere qualcosa che potesse poi esser letto in America, eppure oggi grazie a TWITTER ciò avviene.   Ma al di là della mia vanagloriosa esperienza personale, quello che mi preme sottolineare è l’enorme potenziale che TWITTER offre oggi ai suoi utilizzatori. L’interazione resa possibile dai social network  sia con i politici che con gli intellettuali, fino ad ora praticamente irraggiungibili per il singolo cittadino, sta cambiando le stesse modalità di funzionamento della democrazia. Non è un caso, dunque, se numerosi politici hanno deciso di approdare sui social network, abbandonando sempre più i loro tradizionali canali comunicativi, come giornali e tv, che restano utili per raggiungere quelle fasce di cittadini ancora poco avvezze alle nuove tecnologie. In qualche modo, essi hanno scoperto che Twitter (più che FB) riesce a parlare alle persone in maniera più semplice e diretta, eliminando la necessità di cogliere il loro interesse con i ragionamenti articolati, che sempre meno affascinano una generazione più propensa alla rapidità della battuta, magari ironica. È così che Grillo sta costruendo la sua inarrestabile ascesa e i più sensibili tra i politici old style lo hanno capito e stanno provando ad emularlo.   È Twitter allora il primo strumento di democrazia partecipativa? Quello in cui alto e basso dialogano senza gli orpelli della forma? Ovviamente, viviamo ancora in pienademocrazia rappresentativa, ma sicuramente ci avviamo ad ampi passi verso una diversa modalità di partecipazione dei cittadini. Non necessariamente questo vuol dire che siamo già approdati alla democrazia partecipativa, dove ogni singolo cittadino riesce ad influire direttamente ed immediatamente sulle scelte politiche.   Lentamente, ma inesorabilmente, si sta creando, però, una nuova modalità di comunicazione/relazione fra cittadino e rappresentante politico. Una relazione che, se non è ancora totalmente bidirezionale, impone ai politici professionisti non solo di saper interloquire ma anche di saper interpretare i segnali che gli giungono direttamente da parte delle più avanzate avanguardie dei cittadini che, attraverso questo canale, stanno riscoprendo un rinnovato interesse per la Politica (quella con la P maiuscola, s’intende).   Le stesse risposte scoordinate che i nostri politici hanno avuto di fronte alla crisi economica, infatti, ci hanno dimostrato come prendere le decisioni più impopolari sia diventato difficile (quasi impossibile) senza che si crei precedentemente un clima positivo verso le stesse.   Far emergere una nuova relazione di comunicazione, attraverso l’utilizzo dei nuovi media, sarà utile per incentivare maggiormente la razionalità delle scelte, allontanando il rischio che l’emotività - indotta dal rischio plebiscitario – ci conduca verso politiche populistiche e demagogiche.   Chiaramente, questa forma di democrazia partecipativa non deve ridursi a qualche post dileggiante su Facebook o a qualche twitt  irridente verso il potente che si espone incautamente alla nuova gogna mediatica. Una forma concreta ed utile di democrazia partecipativa si avrà quando essa sarà capace di veicolare proposte organiche, condivise e comprensibili.
Ciro Pastore - Il Signore degli Agnelli (leggimi anche su http://golf-gentlemenonlyladiesforbidden.blogspot.it/ )


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