Napolitano no. Non può rappresentare la convergenza e non lo ha mai fatto. La scelta di PD e PDL di riconsegnare le chiavi del Quirinale a Napolitano non soltanto esprime la totale estraneità della classe politica rispetto al paese, ma la chiara dimostrazione che la classe politica attualmente eletta non possiede un requisito fondamentale per governare: la coerenza.
Non è coerente la direttiva del PDL di riporre fiducia in un uomo estremamente criticato da loro stessi durante il suo mandato. Non è coerente Napolitano che fino a qualche settimana fa proclamava la sua indisponibilità ad un secondo mandato (malgrado nessuno glielo avesse chiesto a dire il vero). Non è coerente Bersani che lungi da lui trovare un accordo per un governassimo con il PDL.
Ma perché vi parlo di coerenza – direte voi – in un paese in cui Veltroni avrebbe dovuto andare in Africa da circa cinque anni e scomparire dallo scenario politico per sua stessa volontà. Forse sono un romantico, forse perché sono nato per mettere il naso nella politica, non lo scoprirò a breve purtroppo.
A breve invece potrei scoprire che un uomo di 88 anni potrebbe ricevere il mandato costituzionale per avviare un altro settennato in carica alla presidenza della Repubblica.
La mancanza di coerenza nello scenario che si prospetta non è infatti l’unico problema di questa dura impasse a cui assistiamo, ma uno dei problemi più rilevanti direi che è proprio l’incapacità del soggetto proposto di assolvere al difficile compito che gli viene richiesto.
Giorgio Napolitano ha difficoltà ad esprimersi vista la sua avanzata età e non ha una visione economica adeguata alla crisi che l’Italia e l’Europa tutta stanno vivendo. Soprattutto non rappresenta più l’immagine della Repubblica italiana. E allora perché costui? Non si tratta solo di un problema di gerontocrazia, dopo tutto anche Prodi e Rodotà non sono dei fringuelli, ma di tenuta democratica del paese.
La scelta di Napolitano è la scelta di non scegliere. Rappresenta l’assicurazione di non avere influenze negli affari politici. Come farebbe un ultraottantottenne ad avere incisività nella formazione di un qualsiasi governo. In questa prospettiva il governo potrebbe essere imposto dalle correnti più importanti dei partiti oppure da uomini di riferimento delle correnti stesse esterne ai partiti.
Ancora una volta si sceglie di non cambiare e tenere in vita le correnti politiche malate che infettano come un cancro le nostre vite.
Il PD dimostra di essere dipendente da quell’orgasmo da potere che tanto è stato criticato a Berlusconi ed ai berluschini. Incomprensibile la scelta di non appoggiare una persona del calibro di Stefano Rodotà, incomprensibile dopo la riuscitissima scelta di Camera e Senato. Rodotà non è semplicemente il candidato del M5S ma un giurista di primo piano, costituzionalista e difensore dei beni comuni. Rappresenta la spinta di reni a sinistra che il PD avrebbe bisogno e di cui necessita da anni ormai.
Non si venga a dire che Renzi avrebbe risolto i problemi, come ha perfettamente spiegato Rosario Crocetta: “seguire le sue gesta è come seguire il diario di un luna park“.
Adesso che una parte del Movimento Cinque Stelle sembrava resuscitare dall’ipnosi della lotta alla casta come unica priorità e si apriva a personalità eminenti e competenti, cosa sceglie di fare il PD? Palesare la casta in tutta la sua rozza prevaricazione ed arroganza. A quale scopo?
È davvero possibile che il Centro-Sinistra per governare deve dimenticare le radici essenziali del socialismo? Non volendo andare così lontano nel tempo, è davvero l’unica soluzione relegare l’Italia al management di Berlusconi ed il suo sciame?
Forse giunti a questo traguardo sarebbe stato preferibile una dissoluzione unica ed inequivocabile del Partito Democratico (di cui democratico rimane veramente ben poco allo stato attuale). A meno di un miracolo, a meno che si ascoltino le voci poche ma sagge di SEL, tra un ora avremo per l’ennesima volta perso un’altra occasione.