Ieri sera ho presentato, in una villa del trevigiano, un saggio di una scuola di danza.
Il teatro era pieno di gente, prettamente genitori, nonni, e amici degli allievi e delle allieve di questa scuola.
Nel pomeriggio mi sono incontrato con l’insegnante di danza e con le varie altre persone impegnate a far si che lo spettacolo potesse andare in onda nel migliore dei modi.
Tutto era stato preparato, di questo me ne rendevo conto, affinchè ogni cosa andasse per il verso giusto.
Luci, musiche, costumi, tutto trovava una sua logica e una sua bellezza.
Alle 20.30 il saggio ha avuto inizio con la mia presentazione.
Le luci e il buio della sala si alternavano in modo perfetto e tutto si incastonava perfettamente in un atmosfera di altri tempi fino a che…
…Fino a che alla mia ennesima presentazione (eravamo al balletto n. quattro) la musica non dava segni di vita. Il gruppo di allieve era pronto sul palco, in posizione; momento di panico….silenzio, brusio del pubblico.
L’insegnante mi guarda dall’altra parte dello stesso palco e comincia a farmi segno di inventare qualcosa, di dire qualcosa.
E che cosa dico? mi chiedo, visto che di danza non so quasi nulla.
Magicamente in quel momento, “costretto” a dover parlare al microfono, “costretto” a dover dire qualcosa, “costretto” a inventarmi delle frasi che fossero attinenti a quello che stavamo facendo ma che fossero anche interessanti per la platea, mi sono uscite parole a cui in un primo momento non credevo neppure io.
Come se la difficoltà di quel momento, catapultata, o perlomeno io la sentivo tale, interamente sulle mie spalle mi avesse dato una forza e un’inventiva tale che in quel momento sarei riuscito ad affrontare qualsiasi argomento.
Poi la musica è stata “ritrovata” per essere ri-persa nella seconda parte dello spettacolo in un altro frangente….
Anche lì panico e soluzione simile alla precedente occasione.
La cosa che mi ha interessato e colpito ancor di più però è stata un’altra.
Al termine del saggio, nei festeggiamenti con torta finale per tutti, parlando con alcuni spettatori, ne è uscito che quasi nessuno si fosse accorto della gravità e dello stato di assoluto gelo in cui eravamo piombati.
La percezione è stata completamente diversa.
Noi eravamo convinti di aver rovinato tutto o quasi e il pubblico invece non si era quasi neppure accorto di quel che era successo. Capacità nostra sicuramente ma credo anche percezione di realtà profondamente differenti vista la diversità dei ruoli in ballo.
Alla fine ne sono uscito contento e, devo dire, anche rafforzato in certe mie credenze e convinzioni.
Le difficoltà a volte capitano a fagiolo; certe situazioni, una volta superate, creano una consapevolezza di capacità personale che poi ti fa “uscire” più forte e convinto di prima.