Questo blog esprime massima solidarietà a don Pizzarro, che pur in un momento difficile per lui (che comunque sorride), aggredito verbalmente da una folla di kattolici scatenati, trova la serenità olimpica, da vero squalo della politica, per scriverci questa lettera come sempre velenosa. Grazie don Pizzarro!
qui un altro video: una sintesi su Berlusconi – Santoro
In democrazia, diceva anni fa un tale, puoi andare in televisione e prendere in giro i politici. Ma anche i politici possono andarci, e prendere in giro te.
La seconda parte è un po’ ciò che è successo a Servizio Pubblico, della cui sfida Berlusconi-Santoro tutti hanno già scritto tutto, e poi ancora un po’. “Ha vinto Michele”, no è Silvio che lo ha “messo al tappeto”. “Il Pdl sale nei sondaggi grazie a Santoro”. “Berlusconi leone nell’arena di La7”, e così via.
Non mi sembra di aver letto da qualche parte di qualcuno che ha parlato della serata di giovedì come di un’occasione persa. Persa per Santoro, ma più ancora per il pubblico che ha pagato, ahinoi!, a caro prezzo la smania di protagonismo del giornalista. B. è infatti riuscito nell’intento, conoscendo alla perfezione il mezzo televisivo e le sue potenzialità, di portare dalla sua Santoro, e di conseguenza la platea. Con battute (come quella sulle serali. Ma cosa avrà pensato chi insegna alle serali, più ancora di chi le frequenta?), mini-sketch (la pulizia della sedia), ammiccamenti e sorrisi che hanno costretto in secondo piano i contenuti. …e prendere in giro te, dicevamo poc’anzi.
E pensare che la puntata era iniziata sotto i migliori auspici. Il duo di ‘santorine’ Innocenzi & Costamagna erano riuscite a mettere in difficoltà l’ex premier, facendo emergere le contraddizioni delle sue risposte (Imu, congiura per farlo dimettere, debito pubblico…). B. veniva fermato se diceva cazzate,
incalzato. Obbligato, come si dice, a prendersi le colpe per la siccità se cercava di prendersi i meriti per la poggia. Gli era impedito di raccontare balle (che, per esempio, può costruire ponti dove non c’è nemmeno un fiume). Di contestare le leggi se i fatti gli davano contro, i fatti se le leggi erano contro di lui e di impedire di urlare se legge e fatti non erano dalla sua parte. Debito pubblico, architettura costituzionale, premierato e così via.
Ma poi… Poi è bastata la battuta, infelice, sulle serali – amo al quale il conduttore ha abboccato immediatamente – per passare dal talk show all’infotainment. L’informazione imbastardita da schemi propri dello
spettacolo. Un ibrido che nulla ha a che spartire con l’approfondimento giornalistico.
Il grande equivoco, per non dire controsenso, al quale si è assistito giovedì, che solo Santoro poteva evitare, è stato quello di vedere contendersi la scena un politico e un giornalista. Non due politici: un politico e una figura che dovrebbe abbaiare al politico. Fargli da contraltare. Non mettersi sullo stesso piano a gigioneggiare con lui, ammesso e non concesso che un politico debba andare in tv a fare il teatrante. Ma stiamo parlando di B. Poi per forza quello che emerge, peraltro non troppo in filigrana, è l’immagine di due amiconi, di un Cochi e un Renato che si tengono bordone a vicenda. Che sono l’uno la stampella dell’altro. L’ha detto anche Oscar Giannino, qualche giorno fa al Cittanova: “Uno spettacolo da Seconda Repubblica, la lotta fra il Bene e il Male”. In un contesto simbiotico, però, dove l’uno ha bisogno dell’altro, dove l’uno non vive e non può esistere senza l’altro.
Meno che in altre occasioni, dunque, Servizio Pubblico ha garantito un servizio pubblico. Stavolta niente nomen omen. A fine serata, se si vuole tracciare un bilancio delle tre ore di programmazione, è chiaro che uno
sconfitto c’è eccome: il pubblico. E se proprio dobbiamo decretare un vincitore, questo si chiama Silvio Berlusconi. Che ha avuto la meglio ai punti, più per demeriti dell’avversario che per meriti propri. Forse inconsciamente (ma fino a che punto?), B. ha applicato, darwinianamente e come meglio non
avrebbe potuto fare, una semplice regolina di convivenza: ama il tuo nemico, lo farai impazzire.
Don Pizzarro