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Non amo Kubrick, i suoi film mi annoiano terribilmente. Per questo motivo, non sarò mai considerata una vera cinefila da coloro che ancora, erroneamente, vengono definiti Gli intellettuali di sinistra. Sono desolata, frequentatori assidui dei cineforum d’essai, il genio di Stanley non “mi arriva”, per usare un termine x-factoresco. Detesto i suoi silenzi, la sua irremovibile glacialità, il suo ossessivo perfezionismo. Preferisco un regista meno tecnico ma più passionale. Preferisco i francesi, Truffaut, gli inglesi socialmente protestanti e la tragicità iberica di Almodovar. Detto questo, consideratemi una capra, ma almeno non ho un cervello in condivisione.
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“Four more years” e i retweet impazziscono. Una cosa come 500.000 volte. Di queste 500.000 volte, 450.000 erano donne secondo me, commosse dalla foto allegata al cinguettio più retweettato della storia: un abbraccio tra Barack e Michelle, l’abbraccio più tenero, confortante, eloquente che io abbia mai visto. Ma dico, cos’è, pura essenza di gioia? Estratto idroalcolico di felicità? L’invidia femminile ha raggiunto livelli mai registrati. Chi non ha mai sognato di ricevere un abbraccio così?
Un abbraccio. Banale manifestazione di affetto.
Ora, mi soffermo sul termine banale. I social network sono al giorno d’oggi una finestra sulla società: infatti, non si fa altro che parlare di four more years che però non è stata la prima dichiarazione di Obama alla stampa, o alla televisione, ma un tweet. IL tweet. Ok, la gente è impazzita, la vittoria di Obama è stata sentita non solo dagli americani ma da tutto il mondo: perchè siamo alleati, perchè siamo nelle Nazioni Unite? Ma no, perchè è una persona in gamba, perchè se l’è meritato, perchè che si voglia o no gli Stati Uniti sono una potenza e tutto ciò che li coinvolge, appassiona il mondo, dalla notte degli Oscar, ai disastri meteorologici, agli scandali alla Casa Bianca, ai gossip, alla maratona di New York che è stata rimandata ma che Linus (direttore artistico di Radio Deejay) non avrebbe sicuramente mancato. Il crollo delle Torri Gemelle ha creato una frattura nella storia. Quindi, che ci piaccia o no, il destino americano ci coinvolge e sempre sarà così.
Il popolo di Facebook non è d’accordo.
Nei giorni seguenti la rielezione di Obama, i commenti più frequenti degli italiani sono stati: “Per quale motivo festeggiare la vittoria di Obama quando a noi non viene nulla in tasca”, “Dovremmo pensare più alla nostra di politica, che a quella degli altri”, eccetera eccetera. Bla bla bla. Banalità, banalità, banalità. America uguale capitalismo, globalizzazione, Steven Spielberg. Gioire per Obama significa essere terribilmente commerciali, mon dieu.
Ora, visto che devo guardare ciò che succede nel mio di Paese, chiedo scusa se alle ultime elezioni italiane anzichè four more years ho pensato “oh, no, altri cinque lunghissimi anni, che cazzo”. Scusate se non riesco ad appassionarmi alle mirabolanti vicende del Bel Paese, ma sarà che ultimamente seguire la politica italiana significa sentire le illuminanti dichiarazioni della Minetti. Scusate, se non riesco ad avvertire una mia identità patriottica, se mi scappa da ridere quando ai Mondiali di calcio suonano l’Inno di Mameli o se mi vergogno quando un Ministro si permette di dire che i giovani sono Choosy in un Paese con più del 30% di disoccupazione giovanile. Il bisogno di distinguersi ha reso tutti uguali. L’essere diverso ha senso se si riesce perseguire una propria linea di pensiero, se si riesce ad esprimere un ragionamento individuale, singolo, unico e personale. Se si va tutti dalla parte opposta, per essere diversi, si finisce comunque per essere uguali. Chi è quindi che fa parte del gregge? Non chi sale sul carro dei vincitori, ma alla stessa maniera anche chi ostenta un modus vivendi di una lobby che non è più nicchia ormai. Un pulpito che è diventato ormai sovraffollato di predicatori benpensanti che vanno avanti a forza di giudizi. Tutti a criticare Facebook, ma poi gli utenti aumentano di giorno in giorno. Pur di non essere tra quelli che vanno a vedere i fratelli Vanzina, si riempiono la bocca delle critiche positive fatte ai film vincitori del Festival di Cannes.
Volete essere diversi? Iniziate col pensare con la vostra testa. Andate a vedere Viva l’Italia al cinema, riflettete e ridete, sempre che ridere al cinema non sia troppo populista. Non lamentatevi di quello che è diventata la sinistra italiana, visto che è dagli anni ’70 che ce la mettiamo tutta per essere snob e intellettuali, ma poco d’azione.
Lasciate che Obama si goda la sua vittoria.
Non sarà mica invidia?