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Fin da ragazzino mi sono chiesto perché alcune cose riuscivo a impararle con gran velocità mentre, per altre, la fatica era incommensurabile.
Mio padre mi coinvolgeva, chessò, nel riparare una tapparella e, la volta dopo, pur sotto la sua guida, riuscivo già a provarci da solo -e, ancora oggi, nonostante l'esiguo numero di tapparelle riparate, questo sapere mi accompagna.
Quando però si trattava di mandare a memoria una vicenda storica, un procedimento algebrico o, insomma, una delle tante cose ripartite dalla scuola, le cose non solo si facevano più complicate nell'immediato, ma conservarle nel tempo rimaneva un'impresa ben più difficile -e, per i tanti bambini e ragazzi che ho seguito e seguo come terapeuta, mi sembra che le cose non siano affatto cambiate.
Poi ho incontrato Edgar Dale e ho capito il perché.
Dale è stato un pedagogista americano i cui studi hanno portato a un'importante definizione che in molti, come me, hanno potuto, esperire nella loro vita: quando il capire si concreta nel dire e si accompagna al fare, allora le possibilità di apprendimento aumentano esponenzialmente.
Se ci pensate, non c'è nulla di più semplice. Per spiegarlo basta tornare un attimo alle nostre tapparelle.
Immaginate, dunque, mio padre che, invece di coinvolgermi nell'esperienza diretta, mi avesse detto: "Massimo, oggi impareremo a riparare una tapparella ma, anzitutto: che cos'è una tapparella? Dunque, una tapparella è una chiusura avvolgibile che...". Dopo l'introduzione di rito, come ogni buon professore, avrebbe poi proseguito: "Se, ad esempio, la cinghia non dovesse arrotolarsi, dobbiamo pensare che sia coinvolto il meccanismo di avvolgimento che si trova nel vano alla base della cinghia, normalmente chiuso da una sottile piastra metallica. Rimuovendo le viti dalla piastra di protezione, raggiungeremo dunque il meccanismo a molla, questi...". Ogni passo sarebbe stato poi condito dalle opportune eccezioni: "Laddove le viti non siano state a suo tempo adeguatamente applicate o la ruggine le avesse bloccate, sarà necessario procedere con..." e via insegnando.
Edgar Dale ha dimostrato esattamente questo: che l’apprendimento ha una duplice natura, può essere passivo o attivo e che il secondo è decisamente più efficace del primo. Tale riflessione è riassunta nel suo famoso "Cono dell'Apprendimento" che spiega, più di tante parole, quello che accade nei nostri processi di memorizzazione.
Inutile farvi osservare quanto la scuola sia per lo più schierata a difendere a spada tratta la modalità più inefficace. Questo, chiunque abbia superato la prima elementare, lo sa.
Certo, direte voi: un conto è imparare a riparare una tapparella che è qualcosa di pratico e facilmente trasportabile nelle realtà, un altro mandare a memoria le intricate vicende della prima guerra di indipendenza che hanno un che di astratto e difficilmente riproducibile.
Osservazione corretta, ciò non significa che ci si debba arrendere a un modo di studiare che si è dimostrato inadatto e che, per lo più, produce condizioni fisiche e emotive diametralmente opposte a quelle che servirebbero per dar vita a generazioni di studenti (e quindi di uomini): motivati, curiosi, preparati.
Ci sono, infatti, migliaia di modi per mettere a frutto i benefici suggerimenti del nostro Dale, trasformando il nostro apprendimento da passivo ad attivo. In questo blog cercheremo di condividerne alcuni e, se proprio ti trovi in difficoltà, puoi contattarmi per capire come posso aiutarti più specificatamente.
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Massimo Silvano Galli
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