La mattinata è serena, come il sorriso che mi ha dipinto sul volto il paesaggio rigoglioso che si gonfia al di là dei finestrini dell'autobus. Il viaggio è stato lungo ma fra poco mi aspetta l'ultimo tratto, il più scomodo e suggestivo, a bordo della bagnarola che taglierà un settore del golfo fino alle isole Perhentian. Gli ultimi chilometri di strada nel Terengganu - Malesia nord orientale - sono asfaltati con il sapore dell'attesa di una premiazione, non con la fatica della gara corsa per arrivarci.
Un signore del posto vestito come tutti gli altri - gonnellone, camicione e copricapo - ma più sfacciato o arrabbiato di loro mi si avvicina.
"Di dove sei?"
"Italia!" Rispondo con un entusiasmo che non è tanto orgoglio per la terra di provenienza quanto un'esortazione del tipo Vogliamoci bene!
Funziona, ma solo in parte.
"Ah, Italia...bene. Se invece era America...non bene!"
Alcuni lo guardano storto, altri annuiscono. A me invece vengono i brividi. Puntello il sorrisone richiamando i riservisti: una truppa di muscoli facciali che non sapevo nemmeno di avere. La serenità del mattino è andata a farsi friggere, così come il paesaggio rigoglioso sembra essere stato nascosto da una foschia sopraggiunta di soppiatto. Gli ultimi minuti del viaggio sembrano più lunghi della notte quasi insonne trascorsa in cuccetta.
La stessa domanda continua a ronzarmi nella testa: "E se fossi stato americano?" Allo scopo di scacciarla cerco di concentrarmi su una preoccupazione di riserva: spero almeno che il tragitto in barca non mi faccia venire il mal di mare.
Terengganu, Malesia, primavera 2002
Magazine Viaggi
Potrebbero interessarti anche :