di Stefano Martella
Articolo per LiquidLab – L’Italia e il mondo Nuovo (Firenze, 10 maggio 2012 h 10 – Polo delle Scienze Sociali Novoli)
Il quadro socio-economico iraniano: dipendenza dal petrolio, fragilità delle banche e la piaga dei diritti umani
Il peso specifico della Repubblica Islamica dell’Iran nello scacchiere internazionale è facilmente inquadrabile prendendo in esame tre aspetti su tutti: 1) l’Iran, con i suoi 75 milioni di abitanti, è tra i Paesi più popolosi del Medio Oriente; 2) è il secondo produttore petrolifero OPEC con il 10% delle riserve globali di greggio; 3) è la seconda nazione al mondo per riserve di gas naturale e terzo per riserve di petrolio. Certamente questo quadro rende l’economia iraniana notevolmente dipendente dall’andamento del prezzo del greggio, maggiore settore di esportazione (con l’80% del valore totale) e di finanziamento del fabbisogno pubblico. Basti pensare che, nell’ultimo decennio, l’apporto dell’industria petrolifera alla composizione del PIL è stato del 15%. Le entrate petrolifere e del gas sono dunque la spina dorsale dello sviluppo economico del Paese e hanno permesso una politica fiscale e monetaria espansiva; il risultato è stato un aumento dei consumi e degli investimenti. Per quanto riguarda la crescita economica, l’Iran ha evidenziato dal 2000 fino al 2007-2008 tassi di crescita del PIL intorno al 4,5%. Tuttavia con il subentrare della crisi internazionale la crescita è diminuita, arrivando ad un tasso del 3% nel 2011. Le debolezze strutturali dell’economia iraniana riguardano, oltre l’influente dipendenza dal petrolio, un’elevata inflazione, un basso livello di investimenti esteri, una scarsa efficienza del sistema bancario e una domanda interna appesantita da un’elevata crescita della liquidità e da un sistema di sussidi e sovvenzioni molto generoso. Particolarmente rilevante è il problema della disoccupazione che nel 2010 è stata del 13,2%; di conseguenza è aumentato il fenomeno della emigrazione di giovani istruiti e qualificati. Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, l’Iran ha il tasso più elevato al mondo per quanto riguarda la cosiddetta “fuga dei cervelli”.
Un anno decisivo per il settore finanziario è stato il 1979, anno della rivoluzione in seguito alla quale tutte la banche iraniane sono state nazionalizzate e le banche estere sono state espulse. Recentemente sono state avviate alcune forme di privatizzazione e liberalizzazione ma, in sostanza, il settore finanziario continua ad essere dominato da grandi banche controllate dallo Stato. Quest’ultime, con circa 48 miliardi di dollari di prestiti non onorati, rischiano una consistente crisi del sistema creditizio. I prestiti in sofferenza sono il 20% del totale delle disponibilità bancarie, quando la media mondiale si colloca al 4%. Il problema sono le società statali amministrate con criteri politici che “incassano” la metà dell’esposizione debitoria.
Tra i punti più dolenti della realtà iraniana vi sono la precaria condizione dei diritti umani e la repressione del dissenso. Nonostante l’Iran abbia stipulato diverse convenzioni internazionali sui diritti umani, numerose sono le negazioni dei diritti delle minoranze etniche e religiose e particolarmente gravi sono le leggi discriminatorie nei riguardi della donna. L’aspetto critico riguarda, tuttavia, l’applicazione della pena capitale: l’Iran è secondo solo alla Cina per numero di esecuzioni. Solo nel 2008 sono state giustiziate 346 persone, tra cui otto minorenni al momento del reato, con metodi che comprendono l’impiccagione e la lapidazione. Riguardo ai minori vi è un dato significativo: dal 1980 Teheran a messo a morte 42 minorenni al momento del reato, contraddicendo gli obblighi internazionali che vietano l’applicazione della pena capitale per reati commessi da minori di 18 anni. La pena di morte è prevista per reati che vanno dalla blasfemia alla violenza sessuale, omosessualità ed alcolismo. La repressione del dissenso riguarda particolarmente i media: numerose sono state le chiusure di testate riformiste cosi come parecchie sono le detenzioni arbitrarie e le vessazioni nei confronti di giornalisti e blogger. Evidente è inoltre la censura su musica, cultura e arte. Il sistema universitario sta vivendo una fase di notevole repressione ed epurazione di docenti di idee riformiste, prontamente sostituiti da personale vicino agli ultraconservatori.
Cooperazione culturale e comune lotta al narcotraffico
Italia ed Iran hanno una buona collaborazione nel settore della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale. La cooperazione bilaterale culturale tra i due Paesi è regolata dall’Accordo di collaborazione culturale del 29 novembre 1958, in merito alla valorizzazione del patrimonio archeologico iraniano. Nel 2009 una delegazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha incontrato il Vice Presidente Bagharei e ha presentato i progetti che vedono impegnata l’Italia per un valore di 850.000 €. I più importanti di questi riguardano: il rafforzamento strutturale antisismico del Museo Nazionale Archeologico di Teheran, la ristrutturazione della cittadella di Bam e la conservazione e il restauro della tomba di Ciro il Grande. Sul territorio iraniano sono attivi tre posti di lettorato di lingua italiana presso tre facoltà di lingue straniere, due a Teheran ed uno ad Isfahan, dove l’intenzione italiana è quella di stimolare l’attivazione di un Dipartimento di lingua italiana.
Nel 2004 la cooperazione bilaterale Italia-Iran si è allargata al settore della lotta al traffico internazionale di stupefacenti. La Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (DCSA) del Ministero dell’Interno ha intrapreso, insieme alle Autorità di Teheran, dei programmi di assistenza verso le istituzioni iraniane competenti nel settore. Ad esempio sono previsti corsi antidroga per ufficiali di polizia iraniani e missioni della Guardia di Finanza mirate ad organizzare attività di analisi e supporto strategico. Nel 2005, la nostra Direzione Nazionale Antimafia ha firmato con la Giustizia iraniana un Memorandum di Cooperazione per la lotta alla criminalità organizzata transnazionale, con particolare attenzione al narcotraffico.
L’interscambio commerciale Italia-Iran
Riguardo le relazioni economiche tra i due Paesi è necessario evidenziare, in via preliminare, una premessa: il prolungarsi della crisi politica in atto con gli USA e l’UE riguardante la questione nucleare ha creato una sorta di stagnazione economica bilaterale in uno scenario internazionale che deprime gli investimenti stranieri nel Paese. Inoltre, negli ultimi anni, ha frenato la scelta dei prodotti “Made in Italy” sul mercato iraniano. Quest’ultimo per dimensioni e configurazione presenta un grande potenziale di crescita ed è in grado di assorbire rilevanti settori dell’offerta italiana.
Per i rapporti commerciali tra i due Paesi un anno decisamente importante è stato il 2010: secondo i dati Eurostat sull’export, in ambito UE, l’Italia è stato il secondo Paese fornitore dell’Iran, per un ammontare pari a 2.061 milioni di euro. Nell’ambito delle importazioni, invece, l’Italia si è collocata al primo posto con un import pari a 4.673 milioni di euro. Dunque per quanto riguarda l’interscambio UE–Iran, l’Italia è stata nel 2010 il primo partner commerciale dell’Iran, con un totale di 6.735 milioni di euro. Cifra che ha registrato il massimo storico nell’interscambio commerciale fra i due Paesi. Il 2011 è stato, invece, un anno decisamente più difficile: nei primi otto mesi del 2011 le importazioni dell’Iran dall’Italia hanno evidenziato un considerevole calo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, passando da 1,26 a 1,04 miliardi di euro del corrente anno (-21,05 %). Mentre le esportazioni iraniane hanno conosciuto un trend molto positivo con un aumento del 14,18%, passando da 2,75 a 3,14 miliardi di euro. Sul versante della bilancia commerciale, si e’ ulteriormente rafforzato il saldo attivo a favore dell’Iran per 2,10 miliardi di euro (1,49 miliardi nello stesso periodo del 2010). Osservando il flusso di prodotti provenienti dall’Italia, il dato emblematico riguarda l’accentuata contrazione subita dai beni strumentali che sono scesi da 897,21 a 673,23 milioni di euro (- 33,26 %). Prosegue bene, invece, la fornitura di materie prime dall’Italia per l’industria iraniana delle concerie e della lavorazione della pelle, industria tessile e dell’abbigliamento, industria ceramica, pitture e vernici (24,76 milioni di euro + 11,51 %).
Per quanto riguarda i beni di consumo, vi è una buona ripresa dei veicoli da trasporto – con in testa bus e minibus IVECO, ma anche trattori e macchine agricole (37,08 milioni di euro + 88,07 %) –, dei prodotti farmaceutici di base e dei preparati farmaceutici (22,13 milioni di euro + 14,23 %), e della profumeria e dei cosmetici (16,98 milioni di euro + 70%). Uno dei dati più interessanti concerne l’andamento, particolarmente incoraggiante, del settore alimentare e delle bevande analcoliche che stanno crescendo rapidamente: 18,58 milioni di euro (+ 259,36%).
La presenza economica italiana in Iran è comunque legata maggiormente al settore energetico – petrolifero ed elettrico –, alla creazione di impianti siderurgici ed industriali ed ad opere di ingegneria civile. Le aziende italiane più importanti presenti sul territorio iraniano sono: Eni, Ansaldo Energia, Danieli, Edison International, Fata engineering, Saipem, Seli e Tecnimont. Mentre i settori di maggiore interesse per l’offerta italiana sono: moda, metalmeccanica, mobili e arredo, chimica-farmaceutica e alimentare. La motivazione del costante saldo negativo italiano sul versante commerciale risiede nelle significative importazioni di petrolio dall’Iran. Nella griglia gennaio-luglio 2011 riguardante i principali prodotti iraniani importati dall’Italia (con un valore di 3,14 miliardi di euro) il petrolio greggio rappresenta il 96% ( valore 3 miliari di euro) del totale, con una variazione +16% rispetto al 2010. L’incremento del valore delle importazioni è dovuto all’aumento delle quotazioni del petrolio. Del resto la dipendenza italiana verso questa risorsa è ulteriormente accentuata dal fatto che possiede raffinerie strutturate appositamente per lavorare greggi pesanti, come appunto quello iraniano.
Le sanzioni internazionali all’Iran e le ripercussioni sull’Italia
Gli Stati Uniti e l’UE hanno unito le forze contro Teheran allo scopo di impedire al Paese di utilizzare risorse industriali, tecnologiche o economiche, funzionali all’avanzamento del programma di armamento nucleare. Per questo è necessario proibire la vendita, la fornitura e il trasferimento all’Iran di ulteriori dotazioni e tecnologie che potrebbero essere utilizzate per l’intento sopra esposto. Le sanzioni previste nei confronti del Paese islamico contemplano dunque: 1) interruzione delle importazioni di petrolio e di prodotti petrolchimici dall’Iran; 2) congelamento dei rapporti con la Banca centrale, rendendo quindi problematici i pagamenti da parte di soggetti iraniani di prodotti acquistati da imprese europee; 3) le transazioni finanziarie che interessano la Banca Centrale iraniana saranno acconsentite analizzando preventivamente i casi specifici, mentre quelle con la Tejarat Bank saranno vietate; 4) divieto, per i Paesi UE, di investire nel settore petrolchimico iraniano.
L’Italia ha condiviso pienamente le sanzioni, considerate, secondo il Ministro degli Esteri Terzi, “la strada giusta da seguire”. Inoltre il Ministro ha assicurato che l’Italia si sta adeguando a differenziare le proprie fonti di approvvigionamento e in merito alle sanzioni ha di conseguenza affermato che “l’impatto per l’economia italiana dovrebbe essere assolutamente trascurabile”. Tuttavia, nonostante le assicurazioni, le imprese italiane guardano con preoccupazione l’embargo e temono che la contesa possa danneggiare economicamente l’Italia, che come si è detto è estremamente dipendente dal petrolio iraniano (problema non riguardante gli USA e altri Paesi europei, che hanno altre fonti di approvvigionamento già consolidate).
Se per l’Italia l’Iran costituisce un partner fondamentale, lo stesso non si può dire per Teheran, che può indirizzare il proprio export verso acquirenti come la Cina e l’India. Il reperimento di un contraente alternativo è un compito che per l’Italia appare complesso: l’Iran è un produttore di greggio particolarmente pregiato, idoneo alla lavorazione delle raffinerie italiane. Per Roma dunque il problema è quello di trovare un fornitore energetico che garantisca qualità e quantità equivalente a Teheran; per le aziende la difficoltà è sostenere i costi legati all’adattamento degli impianti e alla negoziazione degli accordi con i nuovi fornitori. Non è secondario, inoltre, il problema dell’incremento del prezzo del petrolio, soprattutto se Ahmadinejad realizzerà la minaccia di chiudere lo stretto di Hormuz.
Una voce significativa che ha manifestato apprensione sulle ripercussioni delle sanzioni è stata quella di Michele Marsiglia, presidente di FederPetroli, che ha definito l’embargo iraniano “un grande problema per la situazione petrolifera italiana”. Del resto alcuni risultati di questa contesa internazionale sarebbero già sotto gli occhi di tutti: l’Istat avrebbe affermato che, in seguito alle speculazione e alle sanzioni, a febbraio il prezzo della benzina è salito del 18,7% su base annua, mentre il gasolio per i mezzi di trasporto è aumentato del 25,4%.
Nel breve e medio periodo, dunque, l’Iran resta un partner essenziale per la stabilità economica del nostro Paese, il quale sembra chiamato a cercare di mantenere voce in capitolo alla spinosa questione del nucleare e dei sottili equilibri della regione mediorientale.
* Stefano Martella è Dottore in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali (Università del Salento)
Approfondimenti:
ICE, Repubblica Islamica dell’Iran – Congiuntura e commercio estero, 2011
CCII, Dossier Iran, 2011
MAE, Iran – Rapporto congiunto, 2012