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E se ripartissimo dal capitale umano?

Creato il 19 marzo 2014 da Fugadeitalenti

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Laurearsi in Italia rende meno che all’estero. “Nel 2010 il rendimento della laurea per i lavoratori dipendenti italiani rispetto a chi ha solo un diploma è stato di poco più del 30%, 15 punti percentuali in meno rispetto agli altri maggiori Paesi europei“, ha rilevato il Governatore di Bankitalia Ignazio Visco, anticipando una ricerca dell’Istituto Centrale. Per Visco, questo rendimento “è significativamente più basso per i più giovani“.

Formazione e istruzione rappresentano una sfida per il Paese, ha rilevato Visco. E’ una sfida che non coinvolge solo il Governo, ma l’intero sistema-Italia. Implica uno smantellamento dei baronati universitari, implica la guarigione del nostro sistema di microscopiche-piccole-medie imprese dalla tradizionale allergia verso l’assunzione dei laureati (avete presente l’esilarante scena del film “Smetto quando voglio”?), implica un ingresso dell’Italia nel Millennio della Globalizzazione. Superando paure e resistenze ataviche.

Serve insom un cambio di passo collettivo: i dati Almalaurea ci dicono che solo il 30% dei diciannovenni si iscrive a un programma di studi universitario. Partiamo quindi con una distanza di dieci punti dagli obiettivi europei: contando che inevitabilmente una parte di queste matricole si perderà per strada, rischiamo di arrivare a un 25% (stima ottimistica) di laureati tra le giovani generazioni attuali. Troppo basso.

Certamente non invoglia a un’iscrizione all’università il sapere che il 26,5% dei laureati triennali è disoccupato. La percentuale scende -di poco, al 22,9%- per gli specialisti. Sette anni fa questi dati erano più o meno la metà (!)

Intanto il Governo Renzi promette rivoluzioni sì, ma non prima del medio termine, in materia di lavoro: nell’immediato offre solo una “liberalizzazione” dei contratti a termine (forse aumenteranno un po’ i posti di lavoro, ma resterà in tutta la sua magnitudine il dramma della precarietà dei giovani). La Garanzia Giovani, che doveva partire questo mese, è slittata in avanti di altri  due mesi. L’unica notizia positiva è che sarà estesa alla fascia “under 30″. Su questo non si può che concordare.

Il contratto unico a tutele crescenti, l’unica vera “rivoluzione” (sostenuta tra l’altro dall’Europa), resta ancora in stand-by.

E’ la politica degli annunci a fare acqua (giocare al Messia è fin troppo facile)… oppure in Italia non si riesce mai a cambiare niente? Staremo a vedere.

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