Lunedì scorso 15 dicembre – prima di imboccare il tunnel spazio-temporale che l’avrebbe scodellata alla vigilia di natale senza sosta (era previsto) – la ‘povna sapeva che ce l’aveva fatta. Nonostante il focolaio di polmonite, nonostante gli impegni, nonostante quella stessa mattina lo sceneggiatore le avesse ammannito, per gradire, un inatteso litigio con Esagono (di quelle belle discussioni strabordanti, come solo a loro piacciono, che si era conclusa in grande spolvero a colpi di vaffanculo di fronte all’assessore); nonostante avesse dovuto investire metà del pomeriggio a cercare la sua copia del Dottor Stranamore, improvvisamente scomparsa (con conseguente corsa a Media World a ricomprarne un’altra da aggiungersi all’infinita lista, prima della partenza, di cose da fare).
Ma quando la ‘povna entra in modalità trattore, sostanzialmente, non c’è niente che la fermi. E così, dopo aver dato gli ultimi tocchi al tabellone degli scrutini, aver preparato le lezioni per la mattina, fatto la torta di zucca per il rinfresco scolastico di mezzogiorno, chiuso e riletto il paper (per il convegno dell’altro mondo), si è ritrovata ad assemblare la valigia per un’ora nemmeno troppo antelucana. Dentro ci ha messo tre mazzi di chiavi, in tre città diverse (corrispondenti ad altrettanti dormi-‘povna), le cose della piscina (ovviamente), il secondo volume della Vita oggi, e una serie di programmati cambi di abito (effettuati: per la festa serale della scuola, nel laboratorio di chimica; per la cena del convegno, nella casa condivisa insieme a Noise; per il premio celebrativo dell’Amico Scrittore, nello spogliatoio anni Settanta della piscina della città rossa, un luogo che meriterebbe di per se stesso un post a parte; per il primo compleanno del piccolo Leoncino, l’ultimo giorno, a casa di Nanà e del Narratario). Poi ha letto ancora un po’ di Trollope e la mattina dopo ha preso tutto e è andata a scuola.
Lì ha fatto un coast to coast di quelli soliti (5 ore di lezione + festa di natale del suo plesso + 5 ore e 1/2 di scrutini + cena di natale del Prefabbricato), ha preso atto che lo sceneggiatore era assai in forma (e lo ha lasciato fare con una certa divertita noncuranza), poi (courtesy of Mafalda) ha preso un passaggio per la città della stazione nota, le rimanenti cinque ore della notte ha coccolato, prevedibile, l’insonnia, e, all’alba delle 8, nuovo giro, nuovo treno.
Il convegno, nella città rossa, era bello, intelligente, militante; la ‘povna vi ha partecipato privilegiando, come sempre, le prospettive eccentriche (e frequentando assiduamente una serie altrettanto bella di controconvegni itineranti), ha riannodato fili, speso parole, situazioni, gesti forti. Lo sceneggiatore, nel frattempo, ha pensato di far tremare anche la terra, nel tentativo di fermarla; ma, quando certi attraversamenti di universi avvengono sotto il plauso di volontà e compunzione cosmica, non c’è ostacolo che paghi.
Infine, il sabato mattina (con circa tre ore di sonno sulle spalle), la ‘povna ha salutato il Narratario nel buio fitto che precede l’alba e, direttamente dalla città rossa, ha preso due treni e se ne è andata a scuola. Lì ha preso in giro gli ingegneri (“Basta che me ne vada per due giorni, e crolla tutto: non vi si può lasciare solo un attimo”) e i Merry Men (“Ho saputo che siete rimasti in laboratorio, durante il terremoto”; “Sì, prof. non abbiamo sentito niente”; “No, è solo che è stato il terremoto stesso che, appena vi ha visti, si è evacuato”), ha fatto le sue tre ore di lezione, ha raccattato la valigia (scoprendo che Nanà ci aveva ficcato dentro uno strolghino, surrettiziamente – la ‘povna lo mangerà durante queste feste), la teglia della torta (lasciata il martedì), la borsa; ha preso il treno, poi la bici (che la aspettava fedele, dall’inizio del viaggio) ed è corsa in piscina senza passare da casa.
Quando ha rimesso piede nel suo ingresso, erano circa le tre del pomeriggio: mancava, in fondo, da soli cinque giorni, ma che avrebbero potuto essere una manciata di ore, oppure cento. E, se qualcuno si chiedesse se abbia dormito, tornata alla base, la risposta è sì, ma non troppo. Ché c’erano pur sempre la cena degli auguri della Scurza, quella della Venexiana, con Robocop e Streghetta, l’arrivo da Parigi dell’Amico Mostro (con relativa serata con Amici Vicini, Viola, Papà Razzo e l’Altra) e la cena orientale di ieri sera, preceduta dall’aperitivo con la Zeppola. La ‘povna nel mezzo ha trovato modo di infilarci le sue vasche, tutti i giorni; e i regali di natale; e i preparativi della cena di stasera (che sarà con l’Anziana di Ginevra, lo Storico Saggio, L., G., Mr. e Mrs. Mifflin). E poi c’è stata la fine della scuola, certo. Ma il tempo che corre porta il tempo degli auguri, da scambiare a mani basse. E allora questa, a questo punto, è un’altra storia.
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