La ripresa c’è eccome, nonostante i gufi che la vogliono negare: solo a gennaio la produzione industriale è scesa dello 0,7% e del 2,2% rispetto a gennaio del 2014. Visto che a gennaio l’occupazione è aumentata dell’ o,1% o almeno così viene detto, si dimostra che l’occupazione non ha nulla a che fare con la produzione ed è una variabile indipendente dalla ripresa. Ma no le cose non stanno così perché ciò che è diminuita non è la disoccupazione, ma il tasso di inattività. E poi lo scivolone di gennaio è stato solo dovuto ai ponti che hanno limitato l’apertura delle aziende, spiega Mauro Politi, direttore delle statistiche economiche congiunturali dell’Istat. La ripresa c’è cari miei rosiconi solo che – beata innocenza degli statistici – “molte aziende hanno usufruito dei ponti per tener chiusi gli impianti”. O yeah.
Da tutto questo, da questa terribile fotocopia dei primi mesi del 2014, esce confermata a pieno l’entrata dell’Italia nell’era del post reale che è anche post industriale, post democratico, post moderno, posteriore in tutti i sensi. La destrutturazione delle parole e del discorso pubblico, la sua definitiva riduzione ad annuncio, spot, frase fatta sono l’approdo definitivo verso una politica che non si cura della realtà presente, che non ha passato e non impegna il futuro. Ma si prodiga soltanto a costruire un mondo di cartapesta che ha senso solo giorno per giorno e per il tempo in cui dura la comunicazione. Tanto che per esempio il Sole 24 ore portavoce della Confindustria che aveva addirittura previsto un aumento di produzione del 2,1%, giusto per appoggiare il job act contro i suoi infami critici, mentre ha sbattuto in prima pagina l’insensata divinazione padronale, oggi tace sui dati reali.
Infatti non c’è traccia nel discorso pubblico anche del flop a cui è andata incontro la prima asta Bce dopo il quantitative easing visto che le banche hanno acquistato molto meno del previsto. E che dire del fatto che in questo magnifico gennaio pieno di ponti i prestiti bancari sono diminuiti dell’1,8% , gli affidamenti alle imprese del 2,8%, mentre le sofferenze hanno raggiunto il 15, 4%? Il governo, Renzi, le istituzioni, la sagoma di cartone esposta al Quirinale, i partiti non hanno proprio nulla dire: questa è la realtà, cioè un corpo ormai estraneo rispetto alla comunicazione politica che non procede per idee, ma solo per eventi ognuno dei quali verrà gestito secondo la logica della massima efficacia e del minimo danno, in modo puntiforme senza nessuna attenzione alle loro relazioni. Alla peggio verrà detto che il job act è arrivato con troppo ritardo a causa dei gufi e dei conservatori, ma che è riuscito ad evitare disastri peggiori. E’ quanto meno indimostrabile, dunque è credibile, in questa fuzzy logic che viene applicata per qualsiasi partita in campo: tanto la memoria è labile e ancor più evanescente sotto stress.