La chiave nella toppa – solito rumore – e la penombra dentro.
Entri in casa posi la borsa, appoggi la giacca ad una sedia, ti immergi nel silenzio quasi buio delle tapparelle ancora chiuse dal mattino…
Non vi sono gli odori di cucina, non c’è il richiamo di qualcuno che ti accoglie spazientito perchè ancora hai ritardato; il tavolo vuoto ti osserva chiedendoti che farai, che cosa preparerai. Apri il frigorifero, scruti la dispensa, guardi la ciotola del gatto; chiuso lo stomaco, stanco, un nodo nella gola, in fondo: un sasso che rimane appeso e non ti fa parlare.
E’ tutto spento intorno, è casa senza voci, senza gridi. E’ casa troppo grande e oggi non la riempirai. Allora esci nel sole di un tiepido primo di aprile, cammini per le strade, le piazze, ti siedi a guardare gli ulivi, le magnolie, i fiori nelle aiuole. C’è il muro scrostato giallo del liceo, la panchina di cemento, la fontana.
Le vetrine, poi, con gli abiti leggeri, i colori, le forme … il riverbero del sole contro i vetri. Le scarpe con il tacco, borse nuove, e manichini che ti guardano passare.
Non è l’ora della gente, puoi pensare; c’è quasi silenzio per riflettere, c’è caldo e il sole dell’aprile appena nato può sciogliere quel nodo, ridare voce.
Ninnj Di Stefano BusàE torna a sorprenderci la vita,
col suo profumo intatto,
coi silenzi o le grida delle piazze,
e risuona l’accento all’infinito,
si fa mestizia di pallide stagioni,
o alba tra cime innevate.
C’è un guizzo che passa dal dolore,
dove la solitudine si scioglie come neve,
ha zolle di maggese,
e il disincanto resta sulla carne, brucia.
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