La notte era viola chiaro, quasi lilla, leggermente sfumata sulle pendici delle colline.
La luna s'avviava verso il novilunio ed emanava una luce soffusa, placida. Era leggermente velata da qualche batuffolo di nuvola, come del fumo respiratole addosso che aleggiava pigro e insonnolito.
La notte era viola chiaro, quasi lilla.
Camminava lentamente, penetrando con lo sguardo quel curioso colore che lo circondava. Gli alberi erano immobili, non tiravo un solo soffio di vento. Parevano giganti dormienti, scuri, imbroncianti, che s'erigevano a difesa di quella notte. Si sentiva arido, dentro di sé. Nel suo cuore, non sentiva nulla. Arido. Non come un deserto, però, in cui l'aridità, il vuoto, l'impossibilità di dissetarsi sono re e regine, principi e monarchi assoluti, da sempre. Il suo cuore non era un deserto, non lo era mai stato e mai lo sarebbe stato. In quel momento il suo cuore era un mare prosciugato, un lago essicato, un fiume morto. Era un oceano che era diventato prateria, in cui i pesci scalpitavano, si dimenavano per cercare un via d'uscita dal tunnel che inesorabilmente li stava conducendo verso la morte. C'era morte nel suo cuore? C'era aridità, c'era secchezza. Nulla, il nulla. La linfa vitale era stata risucchiata, bevuta, mandata giù a grandi sorsate beffarde. E non riusciva, non poteva spiegarsi...
La notte era viola chiaro.