Ritrovamenti archeologici recenti in
Guatemala dimostrano che i Maya
pensavano a date ben oltre il 2012
È ufficiale: i Maya non avevano previsto la fine del mondo, come affermavano i catastrofisti più convinti, e nemmeno un “grande cambiamento spirituale” come sostenevano il resto dei creduloni in salsa newage…
Ne avevo già parlato nell’articolo I Maya, il 2012 e il Codice di Dresta ma ora sono gli archeologi ad affermarlo, prove alla mano.
In Guatemala una spedizione di ricercatori, diretti William Saturno dell’università di Boston, ha annunciato i primi ritrovamenti di una serie di scavi finanziati dalla National Geographic Society. In un piccolo edificio ricoperto dalle radici degli alberi e risalente a 1200 anni fa sono stati portati alla luce degli stupendi dipinti murari perfettamente conservati e dai colori vivacissimi; e una serie di calendari che comprendono periodi temporali ben più lunghi di quelli del “Lungo Computo”, la fine del quale aveva indotto tanti a speculare sulla fine del mondo.
Alcuni rappresentano periodi di tempo di 7000 anni nel futuro, dunque ben oltre il 21/12/2012. Si tratta di tabelle astronomiche per il calcolo delle posizioni di Venere e Marte.
Questi sono solo i primi risultati e gli archeologi pensano che occorreranno almeno altri 20 anni per completare gli scavi.
Il dr. Saturno, parlando delle speculazioni sulla fine del mondo, dice che quando il contachilometri delle automobili di una volta, di quelli cinque cifre, superavano i 99.999 km non è che sparissero o esplodessero. Il contachilometri semplicemente si azzerava. Il calendario del “Lungo Computo” aveva le cifre strettamente necessarie per gli scopi per cui era stato inventato; ma gli astronomi Maya avevano bisogno di periodi più lunghi e non si facevano certo problemi ad aggiungere altre cifre.
Non c’erano molti dubbi che quella della fine del mondo fosse una cazzata immonda, ma ora anche chi si appellava al “grande cambiamento” o alla “evoluzione cosmica” (qualunque cosa significhino queste locuzioni) dovrebbe arrendersi all’evidenza e ammettere di essersi sbagliato; non dico imparare dall’accaduto e imparare a fidarsi più delle risposte razionali degli scienziati che di quelle fumose e misticheggianti dei santoni, ma almeno avere il buon gusto di starsene tranquilli fino alla prossima apocalisse.
Qualcosa però mi dice che quelli più duri e puri, con la mente più “aperta”, non si arrenderanno nemmeno quando l’alba del 22 dicembre spazzerà via le ultime speranze.
Fonti: