I veri motivi che hanno spinto il soldato americano, recentemente, ad irrompere all’interno di un’abitazione in Afghanistan e ad uccidere 16 civili sono ancora sconosciute, ma la ricerca medica mette in evidenza che eventi di tale portata e gravità potrebbero facilmente accadere anche in futuro. Infatti, ricercatori Statunitensi sembrano affermare che alcuni soldati sembrano soffrire di un grave disturbo post-traumatico da stress (PTDS, ovvero Post Traumatic Stress Disorder) una tipologia di disordine classificabile come ansia cronica con sintomi quali flashbacks, insensibilizzazione e rabbia.
Durante il 2010 si è avvertito che alcuni veterani risultavano essere circa tre volte piu aggressivi rispetto alla media: si crede oltretutto che tali disordini possano manifestarsi anche dopo 12 mesi dopo il dislocamento a causa di un accumulo di stress. Ancora non è del tutto chiaro se l’ultimo soldato in questione fosse affetto da PTSD, tuttavia egli era già giunto al quarto dislocamento dalla base militare Lewis-McChord nello stato di Washington.
Gli unici trattamenti approvati per il PTSD sono composti da antidepressivi e le psicoterapie, nessuna delle quali funziona regolarmente e sembra curare solo il 20% dei veterani in difficoltà. Ci sono studi in corso circa trattamenti a veterani. Per esempio la Prazosina, un farmaco che controlla la pressione sanguigna, viene testato per la sua capacità di ridurre incubi. Ci sono però prove più evidenti che il farmaco Risperidone, anti-psicotico ampiamente prescritto, porta a ben pochi benefici mentre si definiscono pericolosi altri trattamenti comuni a base di tranquillanti, come riferito da Charles Hoge del Water Reed Army Medical Center di Silver Spring in Maryland.
C'è un "tremendo bisogno al momento insoddisfatto" di nuovi trattamenti, dice John Krystal, direttore di neuroscienze presso il Department of Veterans Affairs National Center 'per il PTSD. Nel frattempo, però, "ci sono segnali di avvertimento quasi sempre manifestati da queste persone", spiega Bengt Arnetz della Wayne State University di Detroit, Michigan, che studia il trauma e i disturbi correlati. Ma, aggiunge che "le cartelle cliniche e il personale non sono sistematicamente monitorati", e non esiste un sistema standardizzato per individuare il rischio correlato al comportamento. Gli strumenti esistenti per monitorare stress, depressione e irritabilità, aggiunge, potrebbero essere usati per individuare le persone "vicine a livelli critici" prima che scattino evidenti problemi.