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EAV: SENSO DI APPARTENENZA E GRUPPO DI ACQUISTO SOLIDALE
Il processo di fusione, in atto in queste settimane fra le aziende operative del Gruppo EAV, sta determinando una svolta epocale per realtà organizzative in cui si era consolidata una particolare cultura d’impresa, magari deviata ed usurata, dai tanti errori commessi negli anni, ma pur sempre una cultura comune che teneva “legati” i lavoratori alle aziende di appartenenza.
È vero, pure, che il senso di appartenenza negli anni era andato già affievolendosi. Le cause sono molteplici e sono da ricercarsi sia all’esterno delle aziende che al loro interno. È indubitabile, infatti, che i valori (o meglio i disvalori) sociali attualmente imperanti hanno causato un radicale mutamento della relazione lavoratore-azienda. Via via, purtroppo, relativismo ed individualismo hanno spinto molti a considerare l’azienda solo un mero distributore di redditi, più o meno corrispondenti alle proprie aspettative, e non più un luogo in cui realizzare le proprie aspirazioni professionali. Tutto ciò, ha prodotto una costante e progressiva disgregazione (talvolta una contrapposizione) fra gli interessi dei singoli lavoratori e quelli dell’azienda. L’azienda, così, ha finito per limitarsi ad essere un non-luogo in cui prestare la propria opera quotidiana senza alcun coinvolgimento emotivo.
A questi motivi di ordine sociologico, si è aggiunta una colpevole latitanza dei gruppi dirigenti aziendali che hanno preso a considerare in maniera del tutto residuale il ruolo del “senso di appartenenza”. Non sta a me, ovviamente, rilevare quanto, invece, lo spirito di gruppo si debba esprimere, in primo luogo, nella consapevolezza che la identità comune, in un contesto aziendale, è sicuramente il frutto delle strategie decise ai vertici ma anche dei contributi e del vissuto degli stessi dipendenti.
Fatta questa doverosa e, per ovvi motivi di tempo, frettolosa analisi, volevo farmi promotore di una proposta concreta tesa a stimolare l’aggregazione in azienda. Resto, ovviamente, convinto che si rende necessario studiare un mix di nuove strategie miranti a sollecitare i lavoratori alla coesione, tanto da indurli a modificare la propria mentalità nella direzione del “bene comune”. È ovvio, però, che la fusione in atto, accompagnata da cambiamenti organizzativi, che a loro volta si riverberano sulle “vite” dei singoli, sta generando, invece, un profondo turbamentofra i lavoratori coinvolti in “spostamenti”, funzionali e logistici, che vengono percepiti troppo spesso come un inatteso trauma a cui opporre resistenze, dirette ed indirette.
Ci sono svariate tecniche, formali ed informali, per ricostituire o rivitalizzare il senso di appartenenza, ma la mia modesta proposta punta ad utilizzare una “molla” di tipo economico, potente innesco iniziale di un processo più complesso ed articolato. Mi riferisco, in pratica, alla costituzione di un Gruppo di Acquisto fra i quasi 4mila lavoratori di EAV. Per i pochi che non lo sapessero, i Gruppi di acquisto solidale (GAS) nascono come unioni informali fra comuni cittadini che si “mettono insieme” per acquistare beni di consumo all’ingrosso, di solito alimentari, direttamente dal produttore. In Italia se ne contano già circa 400, diffusi principalmente al Centro-Nord, ai quali aderiscono, circa 25mila famiglie. In EAV, le 4mila famiglie (e relativi componenti) porterebbero gli aderenti a circa 20mila persone, potente massa critica su cui costruire un sistema di ragguardevoli dimensioni economiche.
A parte la indubbia utilità economica per gli aderenti, per un’azienda costituire un gruppo di acquisto solidale può essere un utile ed innovativo strumento teso a creare un “clima” favorevole nell’ambito risorse umane. È intuibile, infatti, quanta forza abbia il legame economico e quanto esso possa essere di viatico ad altre azioni di potenziamento del senso di appartenenza. In sostanza, per predisporre i lavoratori ad un dialogo, l’azienda potrebbe farsi promotrice direttamente (o indirettamente attraverso il CRAL) di un sistema che produce immediatamente rilevanti risultati economici per gli aderenti stessi. Sarebbe preferibile, infatti, che almeno nella fase iniziale, fosse l’azienda a costituire, organizzare e gestire (attraverso proprie risorse umane, attrezzature e logistica) il Gruppo di Acquisto, non solo perché gli eventuali problemi di natura civilistica e fiscale potrebbero essere un ostacolo tecnico/giuridico per il CRAL (a proposito, a quando la fusione dei tre CRAL preesistenti?). L’intervento diretto dell’azienda, invece, dovrebbe essere anche improntato alla volontà di aprire una nuova stagione di rapporti con i lavoratori. Non più tenace, e spesso guerreggiata, contrapposizione fra contendenti tesi a far valere i propri interessi (puramente economici), ma un potente e positivo coacervo di obiettivi comuni e condivisi. Utopia la mia? Forse, ma proprio per sgombrare il campo da qualsiasi accusa di consociativismo paternalistico, ecco perché la mia proposta si basa su evidenti motivazioni economiche (i considerevoli risparmi derivanti dal Gruppo d’acquisto) per determinare una piccola rivoluzione “culturale” nei rapporti azienda/lavoratori, su cui in seguito costruire un sistema di relazioni sindacali più maturo ed in linea con le mutate esigenze dei nuovi tempi che ci attendono.
Ciro Pastore Il Signore degli Agnelli leggimi anche su http://golf-gentlemenonlyladiesforbidden.blogspot.it/
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