Le notizie di una nuova epidemia di ebola che sta coinvolgendo ampie zone dell’Africa subsahariana ha causato un allarme generale, diffuso su scala globale dai principali media internazionali e sui social network, prefigurando una catastrofe umanitaria senza precedenti.
Si è anche parlato di una possibile diffusione in Europa di questo virus, tramite l’arrivo di immigrati provenienti dalle regioni colpite dall’epidemia, spesso strumentalizzando ed amplificando la reale gravità del problema, anche a fini politici.
L’emergenza ebola è davvero così grave? La situazione è così disperata come viene presentata?
Per avere un quadro più preciso di come stanno le cose Notizie Geopolitiche ha intervistato Stella Egidi, responsabile medico di Medici Senza Frontiere, organizzazione attiva in più di 60 paesi, operante nel campo dell’assistenza medica a vittime di guerre, disastri naturali ed epidemie.
- Dottoressa Egidi, nelle ultime settimane si è spesso parlato di un’epidemia di ebola in alcune aree dell’Africa, In Guinea (108 decessi), in Liberia (19 decessi) e alcuni in Sierra Leone, per un totale di 203 casi di contagio: ci può dare una visione generale del problema?
“L’epidemia in corso in Guinea e nei paesi confinanti è stata definita “senza precedenti” poiché effettivamente è un evento unico nella storia di questa patologia: per la prima volta colpisce un’area geografica fuori da quella tradizionalmente colpita (il virus finora si era diffuso solo nella regione centrafricana), ha assunto una portata sovranazionale coinvolgendo due paesi e si è diffuso in ambito urbano, nella capitale Conakry: si tratta di un andamento abbastanza atipico, dato che tradizionalmente questo virus interessava soltanto comunità remote e isolate nelle zone rurali del continente. Questo comporta nuove sfide, perché circoscrivere i casi richiederà più tempo e più impegno del solito; ciononostante, per quanto ci riguarda, posso dire che tutte le misure sono già in atto per tenere sotto controllo la diffusione del virus”.
- La rilevanza mediatica che è stata data è giustificata in rapporto alla sua gravità, anche alla luce della presenza di malattie come la malaria che, a quanto pare, sono forse una piaga peggiore dell’ebola per la popolazione africana?
“E’ giusto che vi sia una corretta e adeguata informazione su quanto accade a livello globale, anche quando ad essere coinvolti sono angoli remoti del pianeta. Sono però fuori luogo toni esageratamente allarmistici, che, quando combinati con informazioni scorrette e incomplete, rischiano solo di creare un panico ingiustificato e improduttivo. Questa è purtroppo l’ennesima tragedia che colpisce popolazioni già profondamente toccate da epidemie ben più gravi, come quelle da HIV/AIDS, malaria e tubercolosi. Queste ultime, sebbene facciano molte più vittime e siano molto più difficili da eradicare, non suscitano però la stessa attenzione per il loro carattere cronico e meno esplosivo”.
- Spesso viene messa in luce la scarsità di risorse destinate alla lotta alla fame ed alle malattie nei paesi in via di sviluppo; pensa che le contromisure prese dalla comunità internazionale, in particolare dalle Nazioni Unite e dai singoli Paesi, siano sufficienti per contrastare il verificarsi di epidemie e carestie nel continente africano o ritiene necessario un intervento più deciso da parte di queste organizzazioni?
“Se ci riferiamo in modo generale all’impegno speso dalla comunità internazionale nella lotta alle epidemie che affliggono i paesi in via di sviluppo, va riconosciuto che molto è stato fatto in termini di finanziamenti e di supporto, si pensi al Fondo Globale per la lotta a AIDS, Tubercolosi e Malaria che ha consentito l’accesso alle terapie antiretrovirali a più di 9 milioni di persone sieropositive. Si sta oggi però assistendo ad un preoccupante disimpegno da parte dei donatori internazionali che rischia di compromettere i risultati raggiunti e i futuri obiettivi, Il continente africano è ancora molto fragile sotto certi aspetti, i sistemi sanitari di questi paesi sono lungi dall’essere autonomi e l’impegno di tutti è quanto mai necessario”.
- Come opera e quali iniziative ha messo in campo Medici Senza Frontiere per fornire sostegno alla popolazione africana?
“Per l’attuale epidemia di Ebola, siamo intervenuti in Guinea ed in Liberia, i due paesi attualmente colpiti dal virus, allestendo strutture ospedaliere per la cura e l’isolamento dei casi, e con estensive attività di informazione ed educazione sulla popolazione al fine di limitare il propagarsi dell’epidemia. In questi paesi, come facciamo in altri relativamente ad altre problematiche, lavoriamo in stretta collaborazione con i ministeri della Salute locali per rafforzare le competenze e fornire il supporto necessario.
Per sostenere queste nostre attività, che comportano l’impiego di grandi risorse logistiche e stanno attualmente impegnando circa 60 volontari internazionali tra medici, infermieri e logisti, abbiamo avviato una campagna straordinaria di raccolta fondi, invito chi volesse contribuire a consultare la pagina web http://www.msf.it/emergenzaebola”.
- Esiste la possibilità che attraverso l’immigrazione il virus possa propagarsi in Europa?
“Il rischio di una diffusione dell’epidemia ai paesi occidentali è un’evenienza molto improbabile. L’ipotesi poi che il veicolo di ingresso del virus in Italia possano essere gli immigrati che sbarcano sulle nostre coste è quanto mai infondata: si tratta di persone che nella maggior parte dei casi non provengono dalla regione colpita, e che comunque hanno viaggiato per mesi attraversando diversi paesi prima di imbarcarsi per l’Italia. Se avessero acquisito la malattia, il decorso rapidissimo con cui questa si manifesta non consentirebbe loro di affrontare questo viaggio. Tra l’altro, voglio precisare che solo una persona nella fase già conclamata della malattia è contagiosa, e che il contagio non avviene tramite il semplice contatto o la via respiratoria, ma richiede un’ esposizione ai liquidi biologici della persona infetta. Tipicamente infatti, il contagio avviene tra membri della stessa famiglia che hanno assistito un familiare già malato, o nel personale sanitario esposto a liquidi biologici infetti, come sangue, urine e vomito. I toni allarmistici con cui si additano gli immigrati come responsabili della possibile importazione del virus sono quindi francamente fuori luogo”.
- Negli ultimi giorni sono girate in rete notizie di casi in Italia e in Europa… bufale?
“Non ci risulta alcun caso segnalato in Italia o in altri paesi europei. Gli unici paesi colpiti sono ad oggi Guinea e Liberia. Nessun altro caso è stato confermato al di fuori di questi paesi”.
Ebola. Fra realtà e allarmismi: intervista a Stella Egidi, resp. medico di Msf
Creato il 20 aprile 2014 da Giacomo Dolzani @giacomodolzaniPossono interessarti anche questi articoli :
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