Di Francesca Abbatiello. Il virus Ebola è tornato e con esso anche la paura delle possibili conseguenze di un eventuale contagio. Il virus della valle dell’Ebola, sita nella Repubblica Democratica del Congo scoppiò qui, per la prima volta nel 1976, in un ospedale missionario condotto da suore olandesi. Questo virus è estremamente aggressivo per l’uomo, causando una febbre emorragica, potenzialmente mortale. Sembrava debellato e invece è ritornato a svilupparsi in Africa, dove ha già provocato centinaia di morti. È questa un’epidemia che si sviluppa non per vie aeree ma per contatto diretto con fluidi corporei, ad esempio sangue della persona contagiata.
In Sierra Leone, la malattia ha preso il sopravvento, essendone colpiti già più di 400 persone, di cui 160 mortali. Come mezzo di prevenzione, nelle chiese, durante le messe, che sono sempre affollate, non ci si stringe più la mano: lo scambio di pace è stato sostituito da un inchino con la mano destra sul cuore, e il sacerdote da l’eucarestia nelle mani e non più direttamente in bocca.
In Inghilterra è allarme, essendo un paese che ha molti legami con L’Africa occidentale. Il ministro degli esteri britannico, Philip Hammond, ha annunciato questa mattina alla BBC che nelle prossime ore David Cameron terrà un “Cobra meeting” (una delle riunioni interministeriali in caso di questioni di urgente priorità), proprio per trattare della minaccia globale che, nelle ultime ore, viene sempre più prospettata.
La domanda allora che sorge spontanea è: a quale rischi è sottoposta l’Italia? Il direttore del Dipartimento Malattie infettive dell’Iss, Giovanni Rezza spiega che: “Le persone che hanno contratto il virus e che però non sono ancora malate, i portatori sani, non possono trasmettere l’infezione. Questi fattori fanno di Ebola un virus pericoloso per l’elevata mortalità, ma non così facilmente trasmissibile. Il nostro paese non ha voli diretti con quelle zone e dunque è davvero difficile che qualche pazienti arrivi fino a noi. Il viaggio che i clandestini affrontano per raggiungere il nostro paese è lungo mesi, via terra e via mare e la malattia, che presenta un periodo di incubazione di circa 10 giorni e che da subito è altamente debilitante, impedirebbe loro di arrivare in Italia. E’ improbabile che un soggetto malato e che presenta febbre elevata, diarrea, vomito e manifestazioni emorragiche, possa andare in giro a diffondere l’infezione”.
Anche il nostro Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin ha rassicurato i cittadini italiani: “Il livello di allerta è già alto fin dal principio dell’epidemia. Negli aeroporti e nei luoghi di transito vengono effettuate visite mediche nei casi che vengono ritenuti necessari. In Italia il pericolo non c’è”.