Ebola / Lieto fine per il medico siciliano ricoverato allo Spallanzani di Roma

Creato il 28 dicembre 2014 da Marianna06

Per Alfredo, il medico catanese, vittima dell'Ebola, contratta in Sierra Leone, mentre lavorava per  lo staff di Emergency, l'incubo è terminato.

E l'uomo, ormai, ricoverato da fine novembre allo Spallanzani di Roma l'ospedale specializzato nelle cure delle malattie infettive,, si avvia decisamente a guarigione completa.

Per ora sta trascorrendo in tutta  serenità la convalescenza in attesa di riabbracciare  la moglie e la figlia ,che sono in arrivo dalla Sicilia.

Intervistato da alcuni giornalisti , giorni fa, ha detto di non sentirsi affato un eroe. E sa quel che dice. Come ha anche detto di non essere un untore.

Ce l'ha fatta a vincere la complessa battaglia contro il male, proprio perché  desiderava e desidera, con tutte le sue forze, fare rientro in Africa e dare una mano a chi sta ancora lottando per sopravvivere.

E lui ora sa bene, a partire dalla propria persona,  cioè dalle cure indispensabili che gli sono state apportate per giungere a guarigione, quanto sia difficile sconfiggere il "mostro".

E sopratutto  lo è  se si tiene conto  della povertà dei mezzi e degli uomini (personale sanitario) a disposizione in contesti come la Sierra Leone, che resta il Paese numericamente più colpito dal virus e di conseguenza con il più alto indice di decessi.

Lo stesso Gino Strada lamentava ,giorni addietro, che dall'Italia,dove si fa un grande parlare dell'epidemia, arriva in realtà ben poco.

Infatti il medico siciliano ci tiene a sottolineare che sconfiggere l'Ebola è possibile solo se lo si fa davvero tutti assieme.

E questo perché l'impegno richiede un grande sforzo e gli aiuti  sono indispensabili in contesti dove c'è molto poco e ,talora, addirittura niente.

La sua guarigione è stata lenta e i tentativi sono stati più di uno con differenti protocolli sperimentali.  Di tutto questo, però, Alfredo ricorda molto poco o niente.

Ricorda,appunto, quello che altri gli raccontano.

       a cura di  Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


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