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Ebola: questioni di marketing

Creato il 17 gennaio 2015 da Gianfrancodv @Gdv1964
E' noto che se si vuole vendere bene un prodotto bisogna generare una domanda. Spesso per facilitare la domanda si creano bisogni indotti e si prospettano le magnificenze del prodotto. Insomma si fa marketing. A farlo sono persone capaci, le quali grazie ad attenti studi, a tavolino decidono le strategie cercando di prevedere (meglio, guidare) il mercato. Il successo di un prodotto, paradossalmente dipende più dal marketing che dalla qualità del prodotto medesimo. Insomma, questa è la nostra fase storica.A volte, grazie alle capacità di manipolare la comunicazione, si arriva a falsare la realtà creando un bisogno completamente indotto. Geni.

Le stesse regole del mercato vengono usate anche nel marcato sociale e umanitario. Le campagne si raccolta fondi giocano molto sul creare un senso di colpa negli individui contrapponendo, alla vita agiata e fortunata di chi deve versare, immagini spesso forti di situazioni di estremo disagio. Bambini poveri denutriti, donne stremate dal lavoro, acque sporche da bere, vite estreme. Il sentimento della "pietà" viene ampiamente sfruttato.Ebola: questioni di marketingOra, direte, cosa c'entra tutto ciò con Ebola?Verso la metà di settembre 2014 i media del mondo intero rimbalzarono questa notizia: "Virus Ebola, allarme degli USA, 1,4 milioni di casi entro gennaio". 

La notizia fece rapidamente il giro di tutto il mondo (a quel tempo, i casi ufficiali di Ebola erano circa 6000) e i numeri oltre ad apparire enormi (la fonte a molti sembrò autorevole) destavano letteralmente terrore!

Siamo giunti a gennaio 2015 ed è passato un anno dal primo caso di questa nuova epidemia di Ebola. 

I casi ufficiali sono all'11 gennaio 2015: 21.296 casi nel mondo (tutti, a parte 27 casi, in 3 paesi: Sierra Leone, Guinea e Liberia) con 8.429 morti (39,58%). 
Un numero decisamente inferiore agli 1,4 milioni previsti!!!

Se osserviamo la questione da un punto di vista del marketing, la strategia ha avuto grande successo. Se si osserva la lista dei 570 milioni di dollari statali raccolti finora dall'OMS, si vede come molte la maggior parte delle donazioni sono avvenute dopo il settembre 2014. 
Inoltre le notizie su un'epidemia così vasta colpiscono molto i singoli cittadini che, impauriti, sono disposti a fare molte piccole donazioni. Il cui ammontare complessivo ad oggi non è chiaro.
Infine, numeri così vasti, costringono gli Stati, che temono la possibilità di estensione del contagio, a dotarsi di misure eccezionali (e costose) di contenimento e prevenzione e a finanziare la ricerca delle case farmaceutiche per le cure e soprattutto per le vaccinazioni.
Insomma, la quantità di denaro (pubblico e privato) che notizie del genere hanno mobilitato è incalcolabile. Se poi ci chiediamo quanto di questo denaro è stato effettivamente speso per aiutare a curare e prevenire la malattia in Africa, forse la risposta più giusta potrebbe essere, briciole!
Ebola: questioni di marketing

Certo queste modalità funzionano. I soldi arrivano grazie al fatto che si procura, quello che in altri contesti sarebbe chiamato un ingiustificato allarme, molto spesso punito dalla legge.

A scanso di equivoci non sto sottovalutando lìepidemia di Ebola, che necessita ancora degli enormi sforzi del personale (medico, infermieristico e logistico) che opera in Africa (che dobbiamo, di cuore, ringraziare).

Dobbiamo però essere consapevoli che, senza un reale intervento nei paesi colpiti (non solo in termine di cura in emergenza) ma, nel senso di un innalzamento dei livelli minimi dei servizi sanitari, tutti gli sforzi di oggi sono destinati a fallire nel lungo termine.

In ottobre, avevo pubblicato un post, che metteva alcuni "puntini" sulla questione Ebola... tutto resta ancora molto attuale!



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