E’ sempre meno frequente in Sardegna la famiglia allargata tradizionale con tanti figli e i nonni che vivono sotto lo stesso tetto. La trasformazione culturale, economica e sociale dei tempi moderni ha portato anche nell’isola il proliferare di piccole famigliole con al massimo un figlio, di single e persone anziane che vivono da sole. Il risultato è che, grazie anche agli effetti del baby boom degli anni Sessanta che a quanto pare in terra sarda si è fatto particolarmente sentire, la Sardegna ha visto lievitare maggiormente che il resto della penisola il numero delle nuove famiglie, aumentate del 21,4% negli ultimi dieci anni (contro un dato nazionale del +18,6%). Gli ultimi dati demografici registrano inoltre un netto calo di residenti (negli ultimi quattro anni sono diminuiti addirittura di 38mila unità) e un progressivo e inesorabile invecchiamento della popolazione isolana.
Ricerca Cna: la nuova famiglia è mini
Trentottomila residenti in meno in 4 anni
«L’eccezionale incremento del numero di nuove famiglie si inserisce in un contesto socio-economico in gravissima difficoltà che oggi non in grado di fornire ai più giovani risposte adeguate in termini di welfare, lavoro e prospettive future», commentano Bruno Marras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna sarda. «La disoccupazione giovanile, cresciuta fino al 47,3% e che a Cagliari sfiora addirittura il 60%, rappresenta solo l’effetto più macroscopico di questa crisi che va ben oltre gli aspetti congiunturali. Ai tantissimi ragazzi sardi che non trovano lavoro vanno ad aggiungersi tutti i giovani che partono dalla nostra regione in cerca di un inserimento lavorativo. Con l’acuirsi della crisi il bilancio demografico della popolazione non straniera in Sardegna ha segnato un saldo migratorio negativo: dalle -1.100 unità del 2009 si è passati alle oltre -2.000 del 2012, con evidenti effetti anche sul numero complessivo dei residenti (al netto degli stranieri), che tra il 2008 ed il 2012 sono diminuiti di 37.000 unità (-2,2%), che diventano 38.500 al netto delle acquisizioni di cittadinanza italiana da parte di stranieri (-2,3%). «È evidente la stretta connessione tra questi scenari demografici, la precaria situazione economica della Sardegna e l’incapacità delle istituzioni regionali ne l dare risposta alla pressante domanda di inclusione sociale delle numerose nuove famiglie», spiegano Marras e Porcu. «Se non ci sarà un’inversione di tendenza questo incessante esodo dalla Sardegna non potrà che aggravare l’invecchiamento strutturale della nostra popolazione amplificando un declino che appare sempre più difficile da contrastare». Se nel 1982 la popolazione anziana (65 anni e più) rappresentava in Sardegna appena l’11,1% del totale dei residenti (in Italia il 13,2%), attualmente gli anziani rappresentano il 20,1% della popolazione sarda (il 20,8% di quella italiana) e questa situazione sarà aggravata dalla permanenza di consistenti flussi migratori in uscita.
La Regione punti sui giovani e assista gli anziani
«Dare risposte adeguate alle legittime istanze di lavoro, formazione, valorizzazione e prospettive future provenienti dalle sempre più numerose giovani famiglie sarde deve essere il punto di partenza per il rilancio del sistema territoriale ed economico della Sardegna», proseguono i vertici della Cna regionale. «A queste istanze si deve aggiungere una adeguata assistenza alla sempre più numerosa fetta anziana di popolazione. In caso contrario assisteremo all’accelerazione di un declino socio-economico che, è inutile negarlo, è ormai in atto. Risulta quindi assolutamente necessario un intervento immediato da parte della Regione Sardegna in modo da invertire la tendenza attingendo alle energie migliori, i nostri giovani, per contrastare la spirale negativa in cui soprattutto negli ultimi anni il sistema regionale sembra essersi avvitato».