Napoli, da sempre legata alla magia, alle superstizioni e ai numeri, ha fatto del gioco del lotto una vera e propria filosofia di vita. In nessun’altra parte del mondo un gioco d’azzardo è riuscito a radicarsi così nella cultura e nelle tradizioni di un popolo. Un mondo parallelo costituito da credenze popolari, misteri, da personaggi curiosi, dove sacro e profano si mescolano tra loro.
A differenza di quanto si potrebbe pensare, il gioco del lotto non nacque a Napoli, ma a Genova nel 1539 dalle scommesse illegali sui nomi dei candidati al Senato e dal 1682, anno in cui si diffuse nella città partenopea, i napoletani iniziarono a scommettere su qualunque cosa: sul sesso dei nascituri, sulla morte dei papi, sulle guerre, su calamità naturali, ecc.
Proprio per questa diffusa passione, il lotto divenne una lucrosa fonte di guadagno per i governi succedutisi a Napoli, ma anche l’unica tassa che i cittadini versavano con piacere. Condannato dalla Chiesa e ostacolato nei secoli da essa, poiché giudicato troppo peccaminoso e immorale, fu criticato anche dagli intellettuali dell’epoca per i danni psicologici causati alla società. Fu abolito da Vittorio Amedeo II nel 1713 e da Giuseppe Garibaldi nel 1860, ma in seguito per combattere la crisi economica fu ripristinato e legalizzato nel 1817 con estrazioni settimanali.
Nelle due opere “Il paese della Cuccagna” e ” Il ventre di Napoli”, l’attrice d’origine napoletana Matilde Serao, analizza tutti i danni morali ed economici del gioco del lotto sulla società partenopea: “Il lotto è il largo sogno, che consola la fantasia napoletana: è l’idea fissa di quei cervelli infuocati; è la grande visione felice che appaga la gente oppressa; è la vasta allucinazione che si prende le anime. [...] Il popolo napoletano, che è sobrio, non si corrompe per l’acquavite, non muore pel lotto. Il lotto è l’acquavite di Napoli.”
Il popolo partenopeo, ancor oggi, ricorre alla smorfia per interpretarne i sogni, i significati numerici, per poi giocarli al lotto. La kabbala deriva dal termine ebraico qabbalah, che significa tradizione e trae origine dalle correnti mistiche e religiose ebraiche. Attorno alla simbologia del lotto i napoletani nel corso dei secoli vi hanno creato un vero e proprio culto, sulla base delle credenze del passato, dove ad alcuni personaggi e figure sono stati attribuiti poteri magici e simbolici. Ad ognuno corrisponde un numero da giocare, come i più noti: 8 “A Madonna”, 13 “Sant’Antonio, 33 “Ll’anne ‘e Cristo”, 48 “O muorto che parla”, 57 “O’ scartellato”, 37 ” O Munaciello”.
Proprio sul munaciello esiste una leggenda napoletana, come ricorda Tina Marasca nel suo articolo sul sito Portanapoli, che racconta di un piccolo monaco dai poteri magici, che a seconda delle circostanze può assumere atteggiamenti maligni e dispettosi oppure benigni e propiziatori e sembianze da bambino nano o da vecchio mostruoso.
Come in tutte le tradizioni di ogni cultura, possiamo ritrovarci qualche reminiscenza del passato e di credenze popolari antiche. Ma a Napoli sembra che sia tutto ancora così nitido, così incantato.