Ecco la nuova fotografia della società italiana scattata dall’Annuario Statistico Istat 2014

Creato il 23 dicembre 2014 da Stivalepensante @StivalePensante

Un milione di residenti in più dell’anno precedente, il 7,4% dei quali stranieri. Un popolo di internauti, sempre più proiettati verso le nuove forme di tecnologia e l’accesso alla rete, ma anche un Paese dove si legge poco e ci si iscrive sempre meno all’Università sebbene il livello di istruzione si sia comunque innalzato con quasi tre persone su 10 che hanno un diploma di istruzione superiore. E’ la nuova fotografia della società italiana scattata dall’Annuario statistico Istat 2014.

(delghingaro.it)

In Italia è stato superato il tetto dei 60 milioni di abitanti: si registra un aumento di oltre un milione di residenti in più in un anno. L’Italia è anche un Paese dove ci si divorzia e separa di meno e dove l’occupazione sale solo per gli over ’55 per effetto della riforma Fornero. A fotografare lo stato di salute del Belpaese è l’Istat nell’Annuario statistico italiano 2014. Grazie alla costante riduzione dei rischi di morte a tutte le età, prosegue quindi nel 2013 l’incremento della speranza di vita alla nascita: per gli uomini da 79,6 del 2012 a 79,8 anni e per le donne da 84,4 a 84,6. All’interno dell’Unione europea solo la Svezia ha una situazione migliore per gli uomini (79,9 anni), mentre per le donne la speranza di vita è più alta in Spagna (85,5) e Francia (85,4) (dati 2012). Al 1° gennaio 2013 l’indice di vecchiaia (rapporto tra la popolazione over 65 e quella under 14) raggiunge il valore di 151,4% da 148,6% dell’anno precedente. Sul territorio, è la Liguria la regione con l’indice di vecchiaia più alto (238,2 anziani ogni 100 giovani) mentre quella con il valore più basso è la Campania (106,4%). Nell’Ue a 27 paesi l’Italia si conferma al secondo posto, preceduta dalla Germania che ha circa 160 anziani ogni 100 giovani.

Oltre 4,38 milioni di stranieri residenti, +8,3% in un anno. Per quanto riguarda l’aumento della popolazione, al 31 dicembre 2013 si contano in Italia 60.782.668 residenti (29.484.564 maschi e 31.298.104 femmine), oltre un milione in più rispetto all’inizio dell’anno (+1,8%). Un aumento dovuto anche alla presenza di stranieri residenti che sono 4.387.721 (l’8,3% in più di un anno prima) e costituiscono il 7,4% della popolazione complessiva. La ripartizione in cui si è registrato il maggiore incremento è il Centro (+3,3%); quella con il maggior numero di residenti è il Nord-ovest (16.130.725, il 26,5% del totale). Nel 2013 i decessi sono stati 600.744, in calo rispetto all’anno precedente (612.883); più consistente è la riduzione delle nascite (514.308 contro 534.186 del 2012); di conseguenza il saldo naturale (-86.436) è più negativo rispetto a quello dell’anno precedente (-78.697). L’Istat rileva inoltre che il 28,3% dei cittadini stranieri proviene dall’Ue, il 24,3% dall’Europa centro-orientale e il 14,1% dall’Africa settentrionale.

Ci si iscrive sempre meno all’Università. Il passaggio dalla scuola secondaria all’università infatti, (calcolato rapportando gli immatricolati ai diplomati di scuola secondaria superiore che hanno conseguito il titolo nello stesso anno solare) è andato progressivamente riducendosi dopo la forte crescita negli anni di avvio della riforma (72,6 immatricolati su 100 diplomati nel 2003/2004). Nell’anno accademico 2012/2013 è al 55,7 per cento, con i valori più alti per i residenti nelle regioni del Nord-ovest e in quelle del Centro (entrambe 60,2). Chi si iscrive per la prima volta si indirizza verso i corsi di primo livello di durata triennale (83,8%) mentre il restante 16,2% si orienta verso i corsi di laurea magistrale a ciclo unico. La popolazione universitaria è composta da 1.709.407 studenti, in lieve flessione rispetto all’anno accademico precedente (-2,4%). La partecipazione agli studi universitari risulta particolarmente alta fra i giovani residenti in Abruzzo, Basilicata e Molise (rispettivamente pari a 51,8, 51,2 e 50,3%). La scelta di proseguire gli studi dopo le superiori coinvolge maggiormente i diplomati dei licei: fra questi, sei su dieci si dichiarano studenti a tempo pieno contro meno del 20% dei diplomati degli istituti tecnici e il 6,7% di quelli degli istituti professionali. Nel 2012 circa 297.000 studenti sono arrivati al traguardo della laurea (o del diploma universitario), circa 1.400 in meno rispetto all’anno precedente (-0,5%). Le donne sono più propense a proseguire gli studi oltre la scuola secondaria (le diplomate che si iscrivono a un corso universitario sono circa 62 su 100, i diplomati appena 50) e pure a portare a termine il percorso accademico.

La “fuga” verso le grandi città, diminuiscono i Comuni. La spending review ha dato un taglio anche al numero di comuni: storicamente, va ricordato, l’Italia è il Paese delle tante municipalità. Al 31 dicembre 2013 sette comuni su dieci hanno una popolazione pari o inferiore ai 5 mila abitanti. Questa frammentazione amministrativa è comunque in via di riduzione per effetto della politica di contenimento della spesa pubblica che sta incidendo sul numero dei comuni; nei primi mesi del 2014 sono scesi a 8.057 unità, un livello simile a quello del 1971. La distribuzione della popolazione fra comuni capoluogo e comuni compresi nelle cinture urbane sta nuovamente cambiando. Dopo la fuga dalle grandi città dei primi anni duemila, che ha fatto crescere in misura significativa i residenti dei comuni della prima e seconda cintura, il trend si è invertito fra il 2011 e il 2013. Pur con alcune piccole eccezioni, gli spostamenti si direzionano ora verso il centro capoluogo dalla prima corona ma anche dalla seconda, anche se in questo caso l’intensità è meno evidente. I problemi più avvertiti dalle famiglie nella zona in cui abitano sono il traffico (36,9%), la difficoltà di parcheggio (35,2%) e l’inquinamento (34,4%).

Il 30% degli italiani vive in zone a rischio criminalità. Nel 2014, il 30% delle famiglie italiane (erano il 31% l’anno prima) giudicano a rischio di criminalità la zona in cui abitano. E’ quanto emerge dall’ultimo Annuario statistico dell’Istat, secondo cui la regione in cui tale rischio è percepito di più (37,2%) è la Lombardia, seguita dal Lazio (36,2%), dall’Umbria (34,3%), dal Veneto (33,6%) e dalla Campania (33,3%). All’estremo opposto della graduatoria si colloca la Provincia autonoma di Bolzano (9,1%), unica realtà territoriale dove l’indice si posiziona sotto il 10%.

Aumenta il numero di reati (+2%) mentre gli stranieri in carcere sono il 34,9% del totale. Alla fine del 2013 nelle carceri italiane erano rinchiuse 62.536 persone, il 4,8% in meno dell’anno precedente: le donne sono il 4,3%, gli stranieri più di un terzo (34,9%), i detenuti che lavorano uno su 4 (23,3%), in massima parte (84,3%) alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria. A livello nazionale l’indice di affollamento degli istituti penitenziari, ovvero il rapporto tra detenuti e posti letto previsti, continua a scendere: nel 2013 si attesta a 131,1 da 139,7 dell’anno precedente. La situazione è mediamente più critica al Nord (142,3 detenuti per 100 posti letto), ma anche nel Mezzogiorno e al Centro i valori sono ben lontani da quello ottimale (rispettivamente 131,1 e 122,5): tra le regioni i valori oscillano tra 163,4 della Liguria e 78,9 della Sardegna, l’unica regione che ha un tasso di affollamento inferiore a cento. Le tipologie di reato più frequenti commessi dai detenuti sono i reati contro il patrimonio, i reati contro la persona e le violazioni delle leggi in materia di stupefacenti. Inoltre si registra anche l’aumento di reati come la cyber-truffe (+10,5%), estorsoni (+6,2%), rapine (+5,1%9 e furti (+4,1%). In calo, invece, (-4%) gli omicidi volontari, mentre sono in aumento quelli di mafia. Il 61,5% dei detenuti sconta una condanna definitiva, il 17,8% è in attesa di giudizio, il 9,7% sono detenuti appellanti e il 6,5% detenuti ricorrenti.

Interessi, media, tecnologia. cultura e sport. Anche se in lieve flessione, la tv resta il medium più amato dagli italiani: la guarda il 91,1% della popolazione di tre anni e più. Il piccolo schermo attira spettatori in tutte le fasce di età ma i più accaniti fruitori sono i giovanissimi di 6-14 anni (94%) e i 60-74enni (stessa percentuale). L’uso tecnologia prende piede, per quanto lentamente: nell’ultimo anno cresce dal 54,3% al 54,7% la quota di popolazione che utilizza il pc mentre registra un balzo in avanti, dal 54,8 al 57,3%, la percentuale di chi si collega ad Internet. I più assidui sono i giovani under20 – quasi nove su dieci – ma gli utilizzatori del personal computer aumentano anche fra i 65-74enni (21,2%) e gli ultrasettantacinquenni (4,7%). Andamento analogo per gli internauti. Confermata, invece, la scarsa affezione verso la pratica sportiva. Meno di un terzo della popolazione di tre anni e più (31,6%) pratica nel tempo libero uno o più sport; fra questi il 23% vi si dedica con continuità, l’8,6% solo in modo saltuario. I musei attirano sempre più visitatori: nel 2013, quasi 38,2 milioni di persone hanno frequentato i 431 luoghi di antichità e arte sparsi per la penisola, 1,8 milioni in più rispetto all’anno precedente. Scendono le tirature e continua a calare il numero di lettori di libri (41,4% delle persone in età scolare) e quotidiani (47,1%). (AGI)


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