Non che ce ne sia bisogno (io infatti non ne ho affatto bisogno), ma adesso ho davvero le prove. Direttamente dalla voce di chi ha lavorato nell’editoria per anni, non per due mesi.
Leggi questo articolo sulla rivista Wired.
La crisi c’è, esiste e morde, e non è necessario che lo dica io. Ma affrontare il prodotto libro solo con le speranze, i sogni, i desideri, nella migliore delle ipotesi ti condurrà in un vicolo cieco. Mentre gli editori rischiano di portare i libri contabili in tribunale.
C’è un prima, e un adesso.
Prima: quando essere superficiali, approssimativi, anche arroganti, garantiva comunque un ritorno. Come certi commercianti che al turista applicavano un prezzo maggiorato, e se si lamentava, si stringevano nelle spalle, e pensavano:
“Che vada pure da un’altra parte. Il mondo è pieno di limoni da spremere”.
Peccato che in realtà il mondo sia pieno di persone. E se ragioni così e arriva la crisi, tu sei cibo per la crisi.
Certo, puoi sempre lamentarti contro il cattivone di turno. Che può essere Apple, Amazon, o il nuovo untore del XXI secolo: l’editore di se stesso. Che come sanno tutti (tutti chi? Boh!) distruggerà la cultura italiana.
No, non tutti gli editori sono di questo calibro. Esistono piccole realtà che sanno difendersi bene, e anzi passano al contrattacco. Ma nel complesso, il panorama è desolante.
Ecco come la penso io. E così veniamo all’oggi.
Se decidi di essere editore di te stesso devi fare meglio di un editore. Davvero meglio. Come?
No, non è necessario avere approfondite conoscenze economiche o di gestione contabile. In fondo, non stai per aprire una casa editrice con dei dipendenti da pagare.
Però devi affrontare la tua storia come se fosse un prodotto da lanciare sul mercato. Pianificando con cura lo sviluppo della tua piattaforma. E te lo dice uno che non ha mai pianificato nulla, e si vede.