Nel contesto di questi piani il governo appare come una divinità che sta al di fuori dell’orbita degli affari umani, che è indipendente dall’azione dei suoi sudditi e che ha potere di interferire a piacimento dall’esterno. Ha a diposizione mezzi e fondi che non sono forniti dagli individui e che possono essere liberamente usati per qualunque scopo i governanti ritengano necessario. Per fare il miglior uso di questo potere basta semplicemente seguire il parere degli esperti.Il più consigliato dei rimedi suggeriti è la misura anticiclica dei lavori pubblici e nell’incremento di spesa in imprese pubbliche. L’idea non è nuova come i suoi sostenitori vorrebbero farci credere. Quando, in passato, c’era una depressione, l’opinione pubblica domandava sempre ai governi di impegnarsi in lavori pubblici per creare impieghi e arrestare il calo dei prezzi. Ma il problema è come finanziare questi lavori pubblici. Se il governo tassa i cittadini o prende in prestito da loro, non aggiunge nulla a quello che i Keynesiani chiamano domanda aggregata. Affievolisce la capacità dei cittadini privati di consumare o di investire nella stessa misura in cui aumenta la propria. Se, invece, il governo ricorre ai metodi inflazionistici di finanziamento, rende le cose peggiori, non migliori. In tal modo può rinviare per qualche tempo il crollo. Ma quando arriva l’inevitabile redde rationem, la crisi è tanto più grave, quanto più a lungo il governo l’ha ritardata.Gli esperti interventisti sono incapaci di afferrare i problemi reali coinvolti. Secondo loro, la cosa principale da fare è “pianificare la spesa di capitale pubblico molto in anticipo e di accumulare una serie elaborata di investimenti che possono essere messi in atto con breve preavviso.” Questa, sostengono, “è la giusta politica e quella che raccomandiamo a tutti i paesi di usare.”[1] Peraltro, il problema non è tanto di elaborare progetti, ma di fornire i mezzi materiali per la loro esecuzione. Gli interventisti credono che ciò possa essere facilmente raggiungibile limitando la spesa governativa durante l’espansione ed incrementandola quando arriva la depressione.Ora, la limitazione della spesa pubblica può certamente essere una buona cosa. Ma non fornisce i fondi necessari al governo per una successiva espansione della spesa. Un individuo può condurre i suoi affari in questo modo. Può accumulare risparmi quando il reddito è alto e spenderli in seguito quando il reddito cala. Ma è diverso per una nazione o per tutte le nazioni messe insieme. Il tesoro può tesaurizzare una parte considerevole dell’abbondante gettito fiscale che affluisce al fisco come conseguenza dell’espansione. Nella misura e fintanto che sottrae questi fondi alla circolazione, la sua politica è realmente deflazionistica e anticiclica e può indebolire il boom creato dall’espansione del credito. Ma, quando questi fondi sono spesi, alterano la relazione monetaria e provocano un calo del potere d’acquisto dell’unità monetaria. In nessun modo questi fondi possono fornire i beni capitali richiesti per l’esecuzione dei lavori pubblici progettati.
Nel contesto di questi piani il governo appare come una divinità che sta al di fuori dell’orbita degli affari umani, che è indipendente dall’azione dei suoi sudditi e che ha potere di interferire a piacimento dall’esterno. Ha a diposizione mezzi e fondi che non sono forniti dagli individui e che possono essere liberamente usati per qualunque scopo i governanti ritengano necessario. Per fare il miglior uso di questo potere basta semplicemente seguire il parere degli esperti.Il più consigliato dei rimedi suggeriti è la misura anticiclica dei lavori pubblici e nell’incremento di spesa in imprese pubbliche. L’idea non è nuova come i suoi sostenitori vorrebbero farci credere. Quando, in passato, c’era una depressione, l’opinione pubblica domandava sempre ai governi di impegnarsi in lavori pubblici per creare impieghi e arrestare il calo dei prezzi. Ma il problema è come finanziare questi lavori pubblici. Se il governo tassa i cittadini o prende in prestito da loro, non aggiunge nulla a quello che i Keynesiani chiamano domanda aggregata. Affievolisce la capacità dei cittadini privati di consumare o di investire nella stessa misura in cui aumenta la propria. Se, invece, il governo ricorre ai metodi inflazionistici di finanziamento, rende le cose peggiori, non migliori. In tal modo può rinviare per qualche tempo il crollo. Ma quando arriva l’inevitabile redde rationem, la crisi è tanto più grave, quanto più a lungo il governo l’ha ritardata.Gli esperti interventisti sono incapaci di afferrare i problemi reali coinvolti. Secondo loro, la cosa principale da fare è “pianificare la spesa di capitale pubblico molto in anticipo e di accumulare una serie elaborata di investimenti che possono essere messi in atto con breve preavviso.” Questa, sostengono, “è la giusta politica e quella che raccomandiamo a tutti i paesi di usare.”[1] Peraltro, il problema non è tanto di elaborare progetti, ma di fornire i mezzi materiali per la loro esecuzione. Gli interventisti credono che ciò possa essere facilmente raggiungibile limitando la spesa governativa durante l’espansione ed incrementandola quando arriva la depressione.Ora, la limitazione della spesa pubblica può certamente essere una buona cosa. Ma non fornisce i fondi necessari al governo per una successiva espansione della spesa. Un individuo può condurre i suoi affari in questo modo. Può accumulare risparmi quando il reddito è alto e spenderli in seguito quando il reddito cala. Ma è diverso per una nazione o per tutte le nazioni messe insieme. Il tesoro può tesaurizzare una parte considerevole dell’abbondante gettito fiscale che affluisce al fisco come conseguenza dell’espansione. Nella misura e fintanto che sottrae questi fondi alla circolazione, la sua politica è realmente deflazionistica e anticiclica e può indebolire il boom creato dall’espansione del credito. Ma, quando questi fondi sono spesi, alterano la relazione monetaria e provocano un calo del potere d’acquisto dell’unità monetaria. In nessun modo questi fondi possono fornire i beni capitali richiesti per l’esecuzione dei lavori pubblici progettati.
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