La Turchia possibile bersaglio della speculazione finanziaria: ne avevamo già parlato (cfr. http://www.eurasia-rivista.org/anche-la-turchia-nel-mirino-delle-banche-daffari/14548/) e, man mano che la crescita economica del Paese si sviluppa ulteriormente, la prospettiva resta plausibile, anche se “in sonno”.
La posizione assunta sul piano internazionale negli ultimi due anni può costituire – nei piani del governo di Ankara – una sorta di “assicurazione sulla vita” (improvvidamente accesa presso il mondo occidentale) per l’economia del Paese della Mezzaluna. Troppo importante il riallineamento turco nell’alleanza atlantica per esporla a colpi e attacchi finanziari del tipo di quelli praticati nei confronti degli Stati europei, con il corollario dell’imposizione di governi “tecnici”.
Nel 2012 la Borsa turca ha vissuto un exploit formidabile, con l’indice Ise – il principale della Borsa di Istanbul – in crescita del 40%, e l’Msci addirittura del 60,5%.
Le prospettive rimangono ottime poiché gli analisti stimano ancora bassi i prezzi in rapporto alle potenzialità delle società quotate, mentre Fitch e Moody’s – confermando l’”apertura di credito” concessa da Oltreoceano – hanno recentemente promosso i titoli di debito turchi
Tuttavia l’esperienza storica dimostra che confidare nella fedeltà degli statunitensi – e degli “occidentali” in generale – non è raccomandabile, tanto meno affidarsi alla riconoscenza o agli scrupoli morali dei grandi cartelli bancari.
Così il 31 dicembre appena trascorso è entrata in vigore in Turchia la legge contro la speculazione finanziaria: pene da due a cinque anni di carcere (oltre che di carattere pecuniario) sono previste per i comportamenti che deliberatamente alterino artificialmente l’andamento dei titoli in Borsa. In conseguenza di ciò – riferisce Le Figaro – “i maggiori istituti finanziari internazionali – come Banca d’America, Merril Lynch, Commerzbank e Société générale – hanno già provveduto a sospendere tutte le loro attività di produzione di note quotidiane in materia di finanza turca” (1).
Nel frattempo appare evidente l’intenzione di rafforzare l’economia reale, consolidandola rispetto alle possibili turbolenze speculative. L’ultima tendenza è costituita da un’importante proiezione nei confronti del continente africano, accompagnata da un ruolo politico ancora di contorno.
Il Capo del Governo Erdoğan ha intrapreso una visita itinerante in Gabon, Niger e Senegal (aveva visitato, primo leader non africano al mondo, anche la martoriata Somalia) a suggello di una forte attività di Ankara nel continente africano: 19 nuove ambasciate aperte negli ultimi tre anni, nuovi collegamenti aerei con la Turchia, vigorosi scambi commerciali in crescita, mentre aumentano gli accordi bilaterali in materia di agricoltura, energia e trasporti.
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