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EDGAR ALLAN POE, Morella

Da Silvy56
EDGAR ALLAN POE,  Morella
Per la mia amica Morella provavo un’affezione profonda, ma singolarissima. Capitato per caso, molti anni or sono, a contatto con lei, l’anima mia, dal primo momento, arse di ardori che non aveva mai conosciuto; ma non erano quelli di Eros, e amara e tormentosa riusciva al mio spirito la crescente convinzione di non potere in alcun modo definire il loro insolito significato o regolare la loro vaga intensità. Tuttavia ci incontrammo, il destino ci unì davanti all’altare; e io non le parlai mai di passione, né ebbi pensieri d’amore. Lei però sfuggiva la società e, attaccandosi soltanto a me, mi rendeva felice. E’ felicità lo stupore, felicità sognare. Morella era profondamente erudita. Come spero di dimostrare, i suoi talenti non erano di ordine comune, la potenza della sua mente era formidabile. Io me ne accorsi e in molte materie divenni il suo scolaro. Tuttavia ben presto mi avvidi che Morella, forse perché educata a Presburgo, mi poneva davanti molti di quegli scritti mistici che vengono in generale considerati come la zavorra della più antica letteratura tedesca. Questi, per ragioni che non potevo immaginare, formavano il suo studio costante e favorito; e se col tempo divennero anche il mio, deve venire attribuito alla semplice ma efficace influenza dell’abitudine e dell’esempio. In tutto questo, se non sbaglio, la mia ragione non entrava per nulla. Le mie convinzioni, se ben ricordo, non erano affatto basate sull’ideale e, a meno che non m’inganni di molto, non si sarebbe potuto scoprire nelle mie azioni e nei miei pensieri alcun riflesso del misticismo delle mie letture. Persuaso di ciò, mi abbandonai implicitamente alla guida di mia moglie ed entrai con cuore imperturbato nel labirinto dei suoi studi. E allora, quando, immergendomi nella lettura di pagine proibite, io sentivo uno spirito proibito destarsi in me, Morella veniva a porre la sua gelida mano sulla mia, e raccoglieva dalle ceneri di una filosofia morta qualche grave e singolare parola, il cui strano significato si scolpiva nella mia memoria. E allora, per ore e ore, mi trattenevo accanto a lei ascoltando la musica della sua voce, sino a quando quella melodia si coloriva di terrore, e un’ombra cadeva sull’anima mia, e io diventavo pallido, e interiormente rabbrividivo a quegli accenti ultraterreni. E così la gioia all’improvviso svaniva nell’orrore, e il più bello si cambiava nel più orribile, allo stesso modo che Hinnon diventò la Gehenna.

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