di Nicola Pucci
Si chiamava Édith Giovanna Gassion, ma per tutti fu semplicemente Édith Piaf. Si racconta, e tutto lascia pensare che corrisponda a verità, che le sue canzoni abbiano fatto innamorare mezza Francia in un periodo in cui, di tempo per amare, dalle parti di Parigi ce n’era poco.
Édith Piaf con Marcel Cerdan – da independent.co.uk
Nacque povera, Édith, e fu allevata in un bordello dove conobbe l’oscurità della vita ma anche la forza della solidarietà femminile. Ebbe in dote da madre natura una voce memorabile, dal timbro unico, capace di mille variazioni e ben presto il suo talento nel canto non passò inosservato. La chiamavano “passerotto” per la stazza minuscola, e può comprensibilmente essere considerata l’archetipo della chanteuse francese legata agli ambienti di sinistra.
“La vie en rose” è il successo che l’ha resa immortale, ma del suo repertorio mi piace ricordare alcuni brani che la contraddistinguono in maniera indelebile. “Je ne regrette rien“, per esempio, potrebbe benissimo riassumere il senso della vita dell’artista parigina: “No, niente di niente/ No, non rimpiango niente/ Nè il bene che mi hanno fatto, nè il male/ Tutto questo mi è perfettamente uguale”. Già, il bene, ovvero una carriera da star osannata ben oltre i confini patri, l’amore da copertina con Yves Montand che Édith lanciò nel firmamento della canzone, la passione integrale con il pugile Marcel Cerdan, la dolcezza degli ultimo anni con Theo. Ma soprattutto le disgrazie, sotto forma di una salute precaria: artrite, problemi agli occhi, depressione, cirrosi epatica, broncopolmonite, abuso di farmici, niente le fu risparmiato. Fu segnata dalla morte di una figlia di 2 anni partorita appena diciassettenne, così come la tragica perdita di Cerdan, perito in un incidente aereo, squarciò nel profondo il suo animo sensibile.
Ma se è vero che l’arte nasce da ferite mai rimarginate, un’intensità emotiva senza eguali trasuda dalla sua voce, ti rimane dentro, e canzoni come “Milord“, che narra la storia di una prostituta, “La foule“, il tributo da pagare in affetti alla gloria artistica, il ritornello “Padam… padam“, “Hymne a l’amour“, dedicata al suo pugile scomparso, “La vie en rose“, un invito alla speranza e all’ottimismo che solo l’amore può produrre, sono pietre miliari della storia della musica. Chiude con “À quoi ça sert l’amour“, interpretata con Theo che l’accompagna negli ultimi anni di una vita breve, sempre spinta all’eccesso.
“Non, rien de rien / Non, je ne regrette rien / Ni le bien qu’on m’a fait, ni le mal / Tout ça m’est bien égal”: proprio così, malinconica Édith, disperatamente malinconica.
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