Come a completare questo pensiero, da me assolutamente condiviso, l'esperto di tecnologie Clive Thomp, dice: "è nostro dovere di cittadini essere informati anche su cose che sembrano essere al di fuori dei nostri interessi". A dare voce a Thomp è Eli Pariser, in un articolo su The Observer, riportato nell'ultimo numero di Internazionale (trovate qui la versione originale).

Sotto accusa è Internet che, nel suo offrirci solo informazioni che riflettono le nostre opinioni e i nostri gusti, limiterebbe il confronto con punti di vista diversi dal nostro. Pariser, cioè, condanna la personalizzazione dei servizi offerti su Internet che potrebbe produrre una sorta di "determinismo dell'informazione, in cui quello che abbiamo cliccato in passato determina quello che vedremo in futuro". Il rischio, aggiunge, è quello di "rimanere bloccati in una versione statica e sempre più ridotta di noi stessi, una specie di circolo vizioso". Sarebbe questo l'effetto dei filtri di cui Pariser parla nel suo libro The Filter Bubble.
E' abbastanza inquietante mettere insieme queste riflessioni perchè fanno luce sugli effetti striscianti e deleteri delle azioni congiunte di Editori e Distributori, alla ricerca di consenso al consumo che potenzialmente distorce il racconto: l'Editore nella privazione di senso e contestualizzazione; il Distributore nell'abbassamento del livello di pluralità.
Volendo modellare le azioni degli Editori e dei Distributori Internet nello spazio tridimensionale dei contenuti, si potrebbe dire che tali azioni risultano in uno schiacciamento del contenuto all'origine (nel senso che indicano le frecce nella figura: abbassamento del pluralismo in quota, diminuzione di senso e contestualizzazione sull'asse verticale e svilimento della tipologia sull'asse orizzontale).

E' del tutto evidente che non basta l'azione dei Cittadini per recuperare i Contenuti (le Informazioni) alle vette di tale spazio.

