Per quanto il titolo possa sembrare catastrofico, la realtà che emerge dalla 26a edizione del Salone Internazionale del Libro a Torino è proprio la profonda crisi che sta attraversando l’Editoria italiana. Pochissime sono le novità rilevanti e molti sono invece gli stereotipi, triti e ritriti, proposti, per lo più dettati dal monopolio che ancora una volta contraddistingue le “Grandi” Case Editrici. In poche parole, attraversando i quattro padiglioni principali in cui si trovano gli stand degli espositori, i nomi più noti torreggiano incontrastati, quasi volendo sommergere, con la propria ombra, tutte quelle realtà medio-piccole che caratterizzano la vera realtà dell’Editoria italiana. Una realtà che conta numerose defezioni e che porta la 26a edizione del Salone Internazionale del Libro a Torino ad avere la metà dell’estesione che poteva vantare almeno fino all’anno scorso e, proprio a detta degli operatori interni, ovvero gli addetti alla ristorazione, alla sicurezza, nonché alla manutenzione, ciò rappresenta un chiaro sintomo di come questo evento, ritenuto fra i più prestigiosi nel campo del panorama letterario nostrano, stia subendo un notevole calo di popolarità. Nonostante questo, alcune singolari particolarità ancora lasciano ben sperare e lasciano intravedere uno spiraglio di sano ottimismo in quello che è uno sfacelo culturale. L’impressione generale che si ottiene è la netta sensazione che l’editoria sia sempre più intesa come un fattore di nicchia, sempre più specializzata e, di conseguenza, sempre più rivolta a un pubblico ristretto, composto nella maggioranza dei casi da persone che operano nel settore e che nulla hanno a che vedere con il lettore comune. L’aria che si respira è più dettata dalla superficialità, dall’impressione che la fiera sia stata costituta più per gli editori che per coloro che ne dovrebbero usufruire. Il lettore comune può solo cercare di districarsi fra i mille titoli proposti, senza comprendere realmente ciò che si cela dietro a ogni pubblicazione. Senza nascondersi dietro a false idealogie, oggi come oggi, sono pochissimi gli editori che possono permettersi di pubblicare un testo a proprie spese, senza richiedere alcun contributo all’autore. Se la crisi economica colpisce tutti i settori, non si capisce perché non dovrebbe riguardare anche il campo culturale. Tuttavia, anche in questo caso sarebbe necessario fare dei “distinguo”. Un conto è richiedere un contributo, un conto è approfittarsi della situazione e giocare sulla pelle di tutti coloro che vorrebbero diventare il Roberto Saviano della situazione. E infatti sono moltissimi coloro che si aggirano per gli stand a caccia di un possibile editore. Ciò che manca e che visibilmente scarseggia è la curiosità e la fascinazione che dovrebbero subire tutti coloro che, amando il libro, teoricamente avrebbero dovuto aggirarsi fra i vari padiglioni, come predatori a caccia della preda perfetta, inalando voluttuosamente il profumo della carta stampata. L’entusiasmo è relegato alla comparsa di questo o quel personaggio noto e non alle opere in sé, protraendo il concetto stesso della superficialità all’apparire e non all’essere, o meglio, in questo specifico caso, al contenuto reale di ciò che viene pubblicato. La presenza di alcune pseudo Case Editrici, in grado di pubblicare anche la lista della spesa, a patto che questa venga completamente “pagata” dall’autore, rende l’universo editoriale sempre più avvilente, diventando ancora più sconcertante di fronte al fatto che esistono piccole realtà editoriali, le quali invece vantano opere altamente qualitative, ma che nessuno conosce proprio per l’impossibilità di poter fare concorrenza a nomi più altisonanti. La mancanza di una reale e capillare rete pubblicitaria, a prezzi umani, e una ancor più scarsa distribuzione, sempre intesa a costi accessibili, rende questi piccoli editori fortemente penalizzati e non concede merito al lavoro che giornalmente compiono, per dare possibilità agli autori emergenti di far valere le proprie opere. E di libri bellissimi ve ne sono davvero molti, ma che nessun “lettore comune” è in grado di poter individuare in mezzo alla massa. A ogni modo, come già scrivevo prima, non tutto è perduto e in mezzo a tanta “miseria letteraria”, vi sono anche alcuni fattori positivi che lasciano ben sperare nel futuro, ma di questo parleremo nel prossimo post.
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