troppi soldi pubblici a carta stampata che non legge nessuno!
La libera scelta del lettore, che con il suo acquisto del giornale esprime il suo consenso alla linea editoriale dello stesso (fatta eccezione per il solo IL FATTO QUOTIDIANO che, correggetemi se sbaglio, non ha finanziamento pubblico!!!) non ha quindi più quell’importanza fondamentale che dovrebbe avere nel rapporto proposta editoriale/lettore.
Ergo: tagliare il finanziamento pubblico all’editoria privata e mettere in campo invece una testata pubblica di sola informazione che faccia riferimento a chi di volta in volta è chiamato a governare il Paese (ricordo che siamo in una Repubblica costituzionale e ogni 5 anni i cittadini sono chiamati al voto per rinnovare Camera e Senato).
Come per la Scuola ( e, all’italiana, si sono inventati 1000 escamotage per by passare!!!), aggiungerei un articolo alla Costituzione: “Enti e privati hanno il diritto di fondare testate giornalistiche senza oneri a carico dello Stato”.
L’ho detta grossa? Mah, non direi proprio, visto il bailamme che periodicamente, a cicli alterni, si mette in moto per la TV di Stato, con fasi di clamore seguite da sonno totale in funzione degli interessi politici/partitici di potere. TV si e carta stampata no?
Francesco Torrisi
I dubbi di Francesco Torrisi sono comprensibili, anche perché manca informazione sull’informazione, sui doveri e i diritti del giornalista, non si tiene conto dello stato d’oppressione della categoria giornalistica (non quella delle penne milionarie, ma quella dei tanti cronisti da pochi euro al pezzo, oppure rinchiusi nelle redazioni più o meno come cinesi). Nessuno entra nelle aziende private, nessuno visita i luoghi di lavoro se non per elogiare gli imprenditori a prescindere, come fa Salini.
La storia dei contributi statali risale almeno alla legge Mammì, creata non generata da Craxi per Berlusconi. L’editore televisivo privato si prese una fetta enorme di pubblicità. E di che vivono i giornali? Di copie vendute e di pubblicità. Gli spot televisivi hanno dominato il settore, con lauti guadagni per Berlusconi, malgrado le sue continue lagnanze contro tutto e tutti.
Fatta la legge poco seria, si rimedia con i contributi statali all’editoria. Altra stranezza. Il mercato non è libero, presenta molte incongruenze (monopoli locali compresi, e non sono pochi) e lo Stato s’impegna a pagare per i propri errori. Ma che senso ha? Sono soldi pubblici e aiutare le imprese con finanziamenti diretti in quest’Europa non si può più, altrimenti il governo avrebbe già ricoperto d’oro la Fiat un’altra volta.
D’altro lato i giornali sono organizzati come catene di montaggio (quelli piccoli soprattutto), come macchine da guerra verticistiche e illiberali. Su Repubblica, tutti i giornalisti cantano la stessa canzone, non c’è pluralità di voci. Interessante l’osservazione di Pansa, che cito a mente: “quando il direttore era Scalfari, nei primi anni, convivevano voci diverse in Repubblica: Ezio Mauro ha allineato tutti” (dal libro “Carta straccia”).
Nella riflessione di Francesco Torrisi manca il concetto d’informazione. Il giornalista è tenuto a informare. A raffreddarsi, calmare la propria emotività quando riceve una notizia, e appurare i fatti. Compresa per quanto possibile, ma in modo sufficiente a ricostruire l’evento, rispondendo alle classiche domande, perché, dove, chi, quando, ecc. analizzandolo e sviluppandolo, il giornalista gli ridà come una “seconda vita”. E lo riferisce, raccontandolo in modo comprensibile e leggibile con interesse e fedeltà ai fatti.
Dunque il plularismo e la libera scelta del lettore sono princìpi da rispettare, ma non sono sufficienti. Non basta importare il modello formigoniano della sanità o della scuola nell’editoria. Non è solo il lettore al centro, ci sono anche i fatti, l’informazione, la minuscola o anche grande storia che si vive ogni giorno.
A quanto risulta le reti di Berlusconi non sono “senza oneri per lo Stato”. L’asta per le frequenze, ad esempio, che fine ha fatto? Il monopolio di Berlusconi ha soppresso varie tv private. C’è da gioirne? Il cosiddetto duopolio ha dato grandi gioie al pubblico? Mah!
Riuscirà lo Stato a migliorare le cose? Chiaramente no. Le leggi le fanno i politici eletti dalle tv.
Come uscirne? Come il Fatto Quotidiano? Con nuove iniziative che sorgono dal basso, dalla libera iniziativa di giornalisti che si uniscono e andando oltre tutti questi giorni provano a fare insieme il loro mestiere? E’ auspicabile. I grandi giornali nazionali deludono. Repubblica si è schierata come un esercito contro Berlusconi e poi totalmente a favore di Monti e Napolitano. Il Corriere è al centro di lotte di potere preoccupanti. Pochi giorni fa è saltato il cdr. Il direttore si è scontrato pesantemente con il sindacato. Lettori spaesati dal cerchiobottismo: editorialisti pro e contro Berlusconi si sono alternati in modo curioso.
E’ tutto da rifare anche se non tutto da buttar via. Si capisce lo sgomento di Francesco Torrisi e presumo di tanti altri.
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