Editorialisti del Corsera: ri-dagli al fascista!

Creato il 21 maggio 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

Benito Mussolini

di Gigi Montonato. Sono periodici, direi stagionali. Si tratta di fenomeni di allergia ricorrente, a cui nessun antistaminico culturale può porre rimedio. I più colpiti sono proprio quelli che stanno in luoghi meno sospettabili. Il “Corriere della Sera”, per esempio. Da qualche tempo due suoi editorialisti della specie “stampa di regime” insistono perché in Italia si abbattano certi monumenti, si tolgano certe scritte, si cambino certi nomi di piazze e strade, si faccia piazza pulita di certe memorie. Monumenti, scritte, nomi, memorie del fascismo e di fascisti, s’intende. Ci fosse un regime dittatoriale in Italia questi due campioni sarebbero suoi formidabili cantori, allo stesso modo come lo sono del più sgangherato regime antifascista. Sono Aldo Cazzullo e Gian Antonio Stella.

Aldo Cazzullo vorrebbe che a Roma si cancellasse la scritta verticale “Mussolini Dux” dall’obelisco del “Foro Italico”, già “Foro Mussolini”. Il suo collega Gian Antonio Stella vorrebbe che a Napoli si cambiasse l’intestazione della via a Gaetano Azzariti, noto giurista ai tempi del fascismo e presidente della Consulta in era repubblicana e antifascista, col nome di Luciana Pacifici, una bambina ebrea che non sopravvisse nel 1943 alla deportazione in Polonia nei lager nazisti e morì all’età di otto mesi.

Si dirà: che male c’è? Tutto cambia, tutto scorre; “pànta rêi”, diceva il filosofo greco Eraclito. E’ così normale! Perciò anche le strade e le piazze si devono adeguare ai regimi e gli stessi monumenti. Si potrebbe obiettare che allora bisognerebbe demolire edifici, piazze e monumenti di tre quarti d’Italia, perché costruiti dal fascismo e irrimediabilmente compromessi col fascismo per via della loro inconfondibile architettura; ma non servirebbe. Dire che allora bisognerebbe restituire l’Italia come era prima del fascismo, perfino con la malaria infestante metà delle coste italiane, servirebbe ancor meno e anzi verrebbe da ridere. Ma – si sa – i ridicoli si salvano sempre perché non hanno specchi. Dove potrebbero specchiarsi i Cazzullo e gli Stella? Sono degli autoriflessi.

Questi antifascisti, nostalgici di una resistenza mai fatta per ragioni anagrafiche e conosciuta solo nella vulgata di regime, vorrebbero acquisire medaglie ad antifascismo finito e mantenuto in vita da velleitari eroi del poi, come li chiamerebbe Giusti.

Il personaggio che a Napoli si vuole cancellare dalla memoria è Gaetano Azzariti, a cui nel 1970 l’amministrazione comunale intitolò la via che oggi, anche per volontà dell’amministrazione di Luigi De Magistris,  si vorrebbe reintitolare alla bambina ebrea. Stando a quanto dice Stella nel suo articolo “Quel sacrosanto cambio della targa”, apparso sul settimanale “Sette” del “Corriere della Sera” del 15 maggio, la reintitolazione dovrebbe avvenire il prossimo 28 maggio, giorno in cui la Pacifici avrebbe compiuto 72 anni. L’operazione ha una finalità chiara, un valore simbolico: via il nome di un indegno italiano perché fascista e al suo posto il nome di una bambina simbolo della shoah.

Si potrebbe finire qui il discorso, ma vale la pena fare alcune considerazioni. Chi era Gaetano Azzariti? Un massacratore fascista? Il capo di una banda tipo Koch? No. Si legge nella motivazione della delibera per l’intitolazione della via: «Magistrato, nel 1931 era presidente di Corte d’Appello. Messo a riposo nell’ultimo periodo della guerra dai fascisti della Repubblica Sociale, dopo la liberazione riprese la sua attività. Ministro di grazia e giustizia nel gabinetto Badoglio, firmò il decreto per la scarcerazione dei prigionieri politici; quelli contro gli illeciti arricchimenti  e contro la pena di morte. Giudice della Corte Costituzionale nel 1955 e di essa presidente nel 1957». Dunque, un italiano come tanti, che ebbe la ventura di vivere e di operare sotto due regimi diversi e di servirli entrambi con merito.

La motivazione è per Stella “addomesticata”, perché nasconde il ruolo importante che l’alto magistrato ebbe durante il fascismo fino alla carica di Presidente del Tribunale della Razza dal 1939 al 1943. E qui s’incentra l’operazione epurativa: via il nome del boia e al suo posto quello della vittima. A distanza di più di settant’anni, quando si dovrebbero giudicare con più serenità i fatti, c’è ancora chi rimesta per acquisire meriti scaduti.

Si dirà: ma se tutto scorre, non è anche necessario che ci sia chi tutto faccia scorrere, chi si faccia carico di un compito che può essere pure poco intelligente ma è sicuramente normale? Certo, i Cazzullo e gli Stella sono necessari a rendere il mondo come è sempre stato e sarà, sono i garanti della normalità. Ma è altrettanto normale che simili personaggi si vestano di panni apparentemente ammirabili, ma in buona sostanza  sgradevoli.

Si pensi a Giuda. Anche il tradimento è normalità. Se non ci fosse stato lui, come poteva essere tradito Gesù  e dare corso al cristianesimo? Giuda fu un uomo utile e necessario, non c’è dubbio alcuno, ma resta il simbolo in eterno del tradimento.

I monumenti e le intitolazioni di luoghi urbani non dovrebbero mai essere rimossi o cambiati perché testimoniano la realtà del momento in cui sono stati realizzati. Realtà bella, realtà brutta? Cosa conta, è la realtà; che non vale far finta che non ci sia o che non debba esserci. Deidentificare un monumento equivale a privarlo della sua ratio di fondo, che è di ammonire (da moneo). Non è certo una cosa intelligente farlo, anche se è normale.

I Cazzullo e gli Stella non propongono cose intelligenti, ma normali. E fa niente se rivelano la loro indole di soggetti che ai regimi, comunque questi si presentino, offrono le loro carezze e le loro adulazioni quando sono in auge, sputi e sberleffi quando sono caduti.


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