Ogni tanto, qualche sorpresa c’è. Il mondo editoriale italiano, quello della perenne crisi, di lettori e di fondi, può e sa sfornare ancora idee interessanti e non così banali: è il caso di Armillaria, casa editrice romana che unisce gusto per la ricerca editoriale al gusto per il buon vino.
Che c’entra? Penseranno alcuni. C’entra, c’entra: così come per scegliere un buon vino ci vuole naso e un certo sapere e rispetto di tradizioni, così per creare dei libri, magari alla vecchia maniera, come non fa più nessuno (vedi gli Pseudobook), ci vuole una certa dose di conoscenza dei vecchi saperi. Se poi le due cose si mettono insieme, secondo un percorso che allieta il palato ma anche lo spirito, la cosa diventa tanto più complessa quanto interessante.
Per capire come questo connubio venga espletato da Armillaria ho fatto quattro chiacchiere con Mara Bevilacqua, che ne è founder con Manlio Della Serra.
Beh, per cominciare direi: com’è nata l’idea della casa editrice?
La casa editrice è il risultato di alcune trasformazioni vissute da un progetto iniziale – tuttora al cuore di Armillaria – la cui paternità va al mio socio Manlio Della Serra. L’idea di portare ai lettori una serie di testi mai tradotti o da aggiornare nasce da lui, da una sua esigenza di studioso. Quindi all’inizio, circa un anno e mezzo fa, in collaborazione con la mia piccola agenzia letteraria MaBeL, abbiamo proposto la collana Armillaria, prettamente filosofica e teologica, ad alcuni editori. Dopo una consistente collezione di rifiuti, e parlando costantemente del progetto tra noi, cominciando ad allargarne l’ambito d’azione e soprattutto a sentirlo nostro in un senso per cui – almeno per me – darlo a terzi non era un pensiero piacevole, abbiamo deciso di provare da soli con l’autoproduzione. Parallelamente stavamo già sviluppando il discorso della ricerca enoculturale. Sei mesi fa, anche grazie all’apporto del terzo collega, Michele Trionfera, ci siamo evoluti in una casa editrice vera e propria, che in realtà è solo una delle manifestazione del progetto Armillaria che svilupperemo nel tempo. Quindi nuova grafica, nuovi libri, nuovi partner vinicoli, nuove presentazioni e nuove interviste! Il progetto editoriale si atterrà comunque al macro ambito della filosofia, che ci permette infinite declinazioni, rimanendo sulle 4-5 uscite annue perché abbiamo intenzione di curare nei dettagli, soprattutto una volta fuori nel mondo, ogni titolo.
Perché ripubblicare alcuni libri “antichi” oggi?
Pensiamo che molti testi antichi abbiamo ancora tanto da dire. Ci interessa (ri)portare ai lettori delle tentazioni letterarie, delle chicche che sono ingiustamente finite nel dimenticatoio o che, come nel caso della Fisiologia del fumatore, non erano mai state tradotte. Il nostro obiettivo è proporre dei testi curati di divulgazione che titillino la curiosità delle persone e le portino a scoprire dei punti di vista, delle riflessioni e delle voci che non hanno esaurito né il proprio valore né la potenza e la qualità letteraria.
Dove e come il segugio del gruppo recupera i pamphlet e i saggi che riproponete?
Come ti dicevo, quando Manlio mi presentò Armillaria aveva già selezionato una serie di titoli, che un po’ per volta pubblicheremo, soprattutto filosofico-teologici: i nostri due primi titoli, La caparra dell’anima e Trattato sui vini, vengono da questo nucleo iniziale. Tutti e tre ci occupiamo di scovare nuovi titoli, ne abbiamo messi da parte un bel po’, seguendo l’idea editoriale alla base di Armillaria e le inclinazioni personali. A volte le scoperte avvengono per caso: nei prossimi mesi pubblicheremo il trattato di un filosofo siciliano a cavallo tra ‘600 e ‘700 in cui Manlio si è imbattuto durante una vacanza sull’isola. Ma anche alla Fisiologia del fumatore ci siamo arrivati per via indiretta: avevamo trovato una Igiene del fumatore (che non è detto che non tradurremo!) che ci aveva incuriosito molto, e leggendo raccontava di come si ispirasse al volume di Burette. Trovato quello, è stato amore a prima vista per l’ironia e lo scanzonato ma acuto sguardo sociologico sulla Parigi del 1840. In altri casi, riceviamo delle proposte dai traduttori: ad esempio, ora stiamo lavorando ad un progetto per l’anno prossimo con una bravissima traduttrice a cui teniamo molto.
Come scegliete ciò che volete proporre ai vostri lettori?
Siamo consapevoli di pubblicare libri di nicchia per una nicchia di un mercato che in Italia è già difficilissimo per editori più grandi o grandissimi. Per quanto il nostro progetto sia prevalentemente di ricerca e divulgazione culturale, non disdegniamo affatto l’idea del profitto. Per noi Armillaria, soprattutto nel senso più ampio che è ben chiaro nelle nostre teste e che un po’ per volta, nel tempo, daremo alla luce, è un’impresa (in tutte le accezioni del termine) quindi, rimanendo coerenti con la nostra linea editoriale, l’idea è quella di proporre, alternandoli, testi più “difficili” – almeno per come posso essere percepiti da chi non è appassionato, come la teologia o l’alchimia, ad esempio – ad altri più “accattivanti” come la Fisiologia del fumatore.
Quello che c’è davvero alla base di Armillaria è il desiderio di proporre delle esperienze culturali di qualità, che vuol dire ad esempio accompagnare un certo tipo di libri, curati in un certo modo (e non dimentichiamo la versione PseudoBook!) a viticoltori di eccellenza o a una degustazione di sigari o ai tanti altri progetti che abbiamo in cantiere.
Da dove nasce l’idea degli pseudobook?
Da una domenica mattina, al tavolino di un caffè vista cimitero, mentre io e Manlio discutevamo se fare o meno un gadget, lui se ne esce con questa parola perfetta. Avevamo già deciso di fare una qualche edizione speciale dei libri, e una volta trovato il nome ci siamo lasciati trasportare dalle suggestioni e da un po’ di prove pratiche.
Libri e vini: qual è il senso?
La ricerca della qualità. Partendo da un interesse personale di Manlio, anche io ho poi sposato completamente questa associazione che, piano piano, ci sta dando delle belle soddisfazioni. Sia perché riscontriamo l’interesse dei viticoltori e dei lettori/amanti del vino; sia perché scovare libri nascosti tra le pieghe del passato o cantine che lavorano con passione e competenza non sono affatto attività distanti, anzi. Divulgare un certo tipo di enocultura e di approccio al vino è quindi un aspetto fondante di Armillaria.
Le edizioni Armillaria sono curate, curiose, certamente non sono proprio dei libri per tutti. Però il messaggio – l’attenzione ai particolari, la cura nella realizzazione dei libri, la volontà di recuperare testi interessanti insieme a quella di unirla con qualcosa di più a largo consumo come il vino – può raggiungere tutti.
E io non posso che concludere questo articolo con un letterario: “Salute!”
(e a proposito di raggiungere tutti: Armillaria sarà alla Microeditoria di Chiari il prossimo weekend.)