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Educare contro la pedagogia mafiosa.

Creato il 19 marzo 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online

Le mafie non sono solo sistemi criminali, ma anche sistemi educativi in cui vige la “normalità del crimine” e viene esaltato il senso di appartenenza. Bisogna conoscere per poter sconfiggere un parassita che vive di vita altrui: serve dunque una pedagogia civile che possa valorizzare i principi di giustizia e di libertà contro quelli mafiosi.

Un tema di grande interesse, a volte dimenticato o messo da parte perché non considerato importante nella lotta contro la criminalità organizzata: un errore che non bisogna più ripetere, come viene sottolineato nel seminario a Firenze di Libera, nel pomeriggio successivo alla manifestazione del 16 marzo.
Le mafie pensano alla propria sopravvivenza, educando ad un certo stile di vita, a loro consono, le generazioni future. Come ogni educatore, credono che il loro metodo di affrontare le situazioni sia eticamente corretto, discriminando ciò che appare diverso. Ognuno di noi ricerca infatti il benessere e allontana quello che viene visto come danno. Nel mezzo abbiamo un mondo che noi stessi costruiamo con le nostre mani, quel profilo di umanità che rimodelliamo continuamente, producendo invenzioni, in quanto esseri artificiali. Siamo diversi dalla natura, tanto che curviamo la nostra condizione per distaccarla da quella animale. Perciò è necessario ripensare al modello umano che vogliamo seguire, per poter trasmettere ai nostri figli il meglio. Occorre scegliere una linea educativa comune per poter essere cittadini consapevoli e costruttori di una realtà che lotta per la pace.

La mafia è un mondo che si colloca a metà tra la famiglia e lo Stato, che si basa sulla legge del più forte, a favore di pochi, a discapito di molti, con un modello parassitario. Non riconosce l’individualità, sfrutta le forme di sentimentalismo freddo, al contrario dell’ambiente familiare.
Ogni luogo che abitiamo, ogni strada che percorriamo è sede di confronto, di formazione: lo sono la scuola, la propria casa, l’oratorio, i centri di aggregazione giovanile. Questi sono spazi importanti dove parlare con gli altri e capire il perché di certe decisioni: non devono essere resi fragili, bisogna accrescere il proprio senso di comunità, a differenza della mafia che invece cerca di avere un atteggiamento di parte.

Per questo è necessario considerare il ruolo educativo prima di ogni cosa, per comprendere se quello che si sta facendo sia giusto, per costruire la legalità non come se fosse qualcosa di straordinario, ma continuamente nella nostra quotidianità. Bisogna conoscere la storia per non ripetere gli errori ed estrapolarne ciò che c’è di buono: le mafie invece hanno la tendenza a falsificarla e negarla.

Facciamo crescere il pensiero critico, diamo vita ai giovani che fanno i primi passi su questa terra, dando loro un’identità personale in continua formazione e comparazione con gli altri.

Articolo di Giulia Scarpa

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