L’immoralità non riguarda soltanto l’uso strumentale del corpo, oppure i comportamenti finanziari truffaldini dei tanti piccoli “Fiorito” incistati nella nostra società.
Esiste un difetto etico anche della mente. Intelligenza, cultura e capacità varie possono essere mercificate ponendole al servizio di soggetti e finalità disdicevoli. E’ noto quanto, nella storia, gli intellettuali (non tutti) si siano piegati al potere per ambizione e/o paura. Basti ricordare, per esempio, lo scarso numero di docenti universitari che contestarono le leggi razziali fasciste.
I nostri nipoti in crescita li vorremo anche intellettualmente onesti e capaci di indignarsi di fronte all’uso poco onorevole del cervello.
Arrivo al punto. Non credevo che di tale “peccato” si macchiasse un numero non esiguo di uomini di scienza, i quali imbrogliano a proposito dei risultati delle loro ricerche.
Su “La stampa” di ieri Eugenia Tognotti riferisce di uno studio pubblicato dalla rivista Proceedings of the National Academy of Science.
“…la frode (dati fittizi o manipolati) è la causa prima (43 per cento) dei 2047 ritiri – da parte degli editori – di articoli pubblicati in riviste mediche e biologiche a partire dal 1973. Seguono altre «cattive condotte» – come vengono pudicamente definite – tra cui il plagio (24 per cento). “
E perché i ricercatori lo fanno? Influiscono parecchi fattori, non certo giustificativi: “…la natura sempre più competitiva della scienza, (…) la pressione esercitata sulla biomedicina, per dire, dai grandi interessi economici, e con la prospettiva, per i singoli scienziati, di accaparrarsi brevetti e finanziamenti (…)”
“ L’equazione è semplice: più denaro più ragioni per truffare, più fama, più potenziale per il profitto. Insomma, ha osservato un bioeticista della New York University, Arthur Caplan, quello che accade nella scienza non è «troppo dissimile dalla truffa e dalla frode che abbiamo visto nel settore bancario»”.
E’ così in effetti, ma lo trovo più grave. Per l’ovvia ragione che le truffe bancarie danneggiano il portafoglio, quelle scientifiche la salute. Come in questo caso:
“ (…) uno degli studi più celebri e discussi, ritirato da una delle più autorevoli riviste mediche al mondo, Lancet. Si trattava di un articolo scritto, nel 1998, dal medico inglese Dr Andrew Wakefield – fervente oppositore delle vaccinazioni – che sosteneva un possibile collegamento tra il vaccino trivalente morbillo-parotite-rosolia e autismo, confutato dal mondo scientifico. Come risultato, le vaccinazioni diminuirono drasticamente in Gran Bretagna, mentre crescevano i casi di morbillo.”
Ma “… lo studio del medico – che aveva sottoposto dei bambini ai test invasivi come colonscopia e punture lombari – era gravato, appurò poi una Commissione tecnico-scientifica – da gravi conflitti scientifici e finanziari: una parte dei costi della ricerca, ad esempio, era stata sostenuta dagli avvocati dei genitori di bambini autistici che intendevano (…) chiedere i danni ai produttori di vaccini. Inoltre Wakefield aveva brevettato nel 1997 un vaccino contro il morbillo che avrebbe potuto trovare un florido mercato se il vaccino trivalente fosse stato screditato. Secondo la Commissione, l’autore si era comportato in modo disonesto, aveva infranto le norme di base dell’etica e aveva mostrato un «cinico disprezzo» per la sofferenza dei bambini coinvolti nella sua ricerca”
La disonestà intellettuale è gravissima anche quando non coinvolge direttamente le persone. Viene meno la fiducia nell’imparzialità del giudizio, la correttezza dei metodi, la dignità della ricerca. Il rispetto, insomma, del nostro stesso cervello!
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