Manuela Marascio 25 febbraio 2013
Da qualche tempo Nicolai Lilin è un’entità astratta che si aggira tra le bocche dei lettori più aggiornati e gli scaffali delle librerie meglio fornite. Non è un semplice uomo, è un vero e proprio mistero: trentatré anni, e ne ha già viste di tutti i colori, laggiù in quell’arcana terra chiamata Transnistria (regione dell’ex Unione Sovietica, attuale Moldova); vive in Italia dal 2003 e, accasato e con famiglia, ha già scritto ben quattro libri, direttamente nella nostra lingua. Perfetto rappresentante di quella fascinazione del male di cui spesso gli animi più sensibili restano vittime, con il suo pizzetto e i suoi innumerevoli tatuaggi tutti da decifrare, ha sollevato un vero e proprio caso letterario con il primo romanzo, Educazione siberiana (Einaudi, 2009). È il racconto autobiografico di un cammino di formazione compiuto all’interno di una comunità criminale siberiana, gli Urka, in cui affiorano gli insegnamenti impartiti dai “nonni”, portatori di valori di elevata moralità, ed esperienze di vita cruda e violenta, destinate a segnare nel profondo bambini educati al culto delle armi. Presto uscirà in Italia il film diretto da Gabriele Salvatores (che vanta nel cast il grande John Malkovich), ma, nel frattempo, perché non gustarsi a teatro la proposta della compagnia NestT, diretta da Giuseppe Miale di Mauro? «Quello che colpisce di questi criminali onesti è il loro sentimento anarchico, la loro voglia di libertà, il loro legame con la vita e la morte, che, a prescindere dal giudizio personale, non si può non sentire vicino. Ecco, è da qui che sono partito per raccontare una storia apparentemente lontana da noi, ma così vicina nei sentimenti primordiali dell’essenza umana». Così commenta il regista, con l’intento di imbastire davanti ai nostri occhi questa lotta disperata e ben al di là del nostro immaginario, condotta nel crepuscolo dell’impero sovietico. L’adattamento teatrale di Educazione siberiana si muove intorno alla storia di due fratelli agli antipodi: Boris, il giusto, e Yuri, il ribelle. In mezzo a loro, il vecchio Nonno Kuzja, che cerca di salvaguardare la tradizione di fronte al dilagante consumismo occidentale. Una “grande tragedia moderna” che ci racconta la fine di un mondo, la caduta di valori e ideali, e lo scioccante approdo a un altro, il tutto scandito dai dettami di un’Educazione che dà fiato all’eco di tempi lontani.
In copertina: Luigi Diberti – Fotografia di Andrea Macchia
Educazione siberiana
di Nicolai Lilin e Giuseppe Miale di Mauro
da un’idea di Francesco Di Leva e Adriano Pantaleo
Regia: Giuseppe Miale di Mauro – Scene: Carmine Guarino – Luci: Luigi Biondi – Musiche: Francesco Forni – Costumi: Giovanna Napolitano – Cura del movimento: Roberto Aldorasi – Aiuto regia: Andrea Vellotti – Assistente alle scene: Dino Balzano
con Luigi Diberti
e con Elsa Bossi, Pippo Cangiano, Francesco Di Leva, Giuseppe Gaudino, Stefano Meglio, Adriano Pantaleo, Andrea Vellotti
Produzione: Fondazione del Teatro Stabile di Torino / Teatro Metastasio Stabile della Toscana
Emilia Romagna Teatro Fondazione
in collaborazione con NestT (Napoli est Teatro)
Torino, Cavallerizza Reale – Maneggio, dal 26 febbraio al 21 marzo 2013 (prima assoluta)