Il settore creditizio è in profonda crisi: nei primi tre mesi dell’anno cade in picchiata la richiesta di mutui per l’acquisto della prima casa e scompare quasi del tutto il ricorso al credito per le ristrutturazioni. La lezione della crisi c’è. Ed è contro il superfluo
I dati sono allarmanti e restituiscono l’istantanea di una società su cui la crisi ha lasciato ferite importanti : - 47% per le richieste di mutuo per l’acquisto della prima casa, – 11% per il credito al consumo, – 80% per le ristrutturazioni immobiliari.
La crisi riscrive le abitudini degli italiani, l’incertezza della situazione economica non incoraggia investimenti a lungo termine, né le spese superflue.
Il dato va ovviamente letto alla luce delle scriteriate politiche dell’esecutivo, prima tra tutte la riforma Fornero. Il lavoro non è più una certezza, né un diritto come credevamo dal 1946: diventa sempre più un privilegio riservato a pochi. Gli altri? Si arrangino, lo stato sociale sta morendo e non può prendersi più cura dei cittadini dalla culla: semmai può condurli verso la tomba, se il disegno (mica poi tanto) occulto di privatizzazione della sanità dovesse concretizzarsi.
I dati di Crif, Assofin e Prometeia mostrano un’Italia in lento cambiamento. Sono le abitudini a modificarsi. La speculazione immobiliare di qualche anno addietro è consegnata ai ricordi, pronta a cadere nell’oblìo perché soppiantata dall’attuale situazione che riscrive le regole della società civile che ha compreso la lezione che questa crisi ha violentemente impartito: la cultura dello spreco e del superfluo va combattuta e respinta.
Negli ultimi anni abbiamo assistito all’aumento esponenziale di operatori del credito al consumo, pronti a concedere denaro per qualsiasi esigenza. Anche le pubblicità erano abbastanza esaustive in merito, e miravano a far sorgere inesistenti bisogni facendo appello ai capisaldi culturali della nostra storia: vuoi cambiare l’auto, devi affrontare le spese del matrimonio di tua figlia, vuoi rifare l’arredamento. E che dire dei “compro oro” disseminati praticamente ad ogni angolo, specialmente nel meridione? E’ come se ci avessero chiesto di sacrificare l’anello di famiglia con tutta la storia che si porta dietro, in nome dell’ultimo modello di home theater o per un iPhone. Nel primo caso avremo un pezzo di metallo prezioso che porta con sé montagne di ricordi, di storie, di momenti. Nel secondo, un pezzo di materiali plastici e vetrosi che può caricare in memoria 64Gb di dati. Tra la nostra storia ed un finto progresso dovremmo preferire la prima.
Gli italiani hanno capito sulla propria pelle che le auto di qualche anno rendono ancora bene, che lo sfarzo non è indispensabile per coronare un sogno d’amore, che i mobili di qualche anno addietro sono vintage e non vecchi e che un gioiello conserva in sé storie e ricordi, a differenza di un telefonino che difficilmente ci sopravviverà. Per oltre vent’anni ci hanno convinti della necessità del superfluo: oggi ci siamo ridimensionati, comprendiamo l’importanza delle cose semplici e la necessità di riscoprirci più umani, meno forma e più sostanza.
Ora c’è preoccupazione da parte degli operatori, perché gli italiani non sono più disposti ad indebitarsi stupidamente per comprare quello di cui non hanno bisogno, con denaro che non hanno. A questo si aggiunga la sempre maggior difficoltà per l’ accesso al credito, che si traducono in una richiesta di garanzie sempre maggiore da parte delle banche. Inoltre, i tassi di interesse crescenti che si applicano ai nuovi contratti, riflettono una situazione di crisi complessiva dell’eurozona (Germania esclusa) e non sono certo un incentivo a compiere scelte aventi ad oggetto l’acquisto di una determinata categoria di beni.
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