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Sindaci e associazioni ambientaliste in rivolta contro le trivellazioni nei mari siciliani. Nei prossimi giorni dovrebbero partire nuove trivellazioni per verificare l’effettiva entità di
alcuni giacimenti petroliferi nei pressi delle coste della Sicilia e delle sue isole minori. Le zone interessate sono quelle di Pantelleria, delle Egadi, la provincia di Ragusa (all’interno della quale si trova Punta Secca, dove vengono girati i noti film del commissario Montalbano e che grazie a questa “pubblicità” ha incrementato gli afflussi turistici dell’area), per non parlare del comune di Scicli, dichiarato patrimonio dell’umanità e ora a rischio trivellazioni. A nulla sembrano valse le rassicurazioni delle scorse settimane da parte del presidente della regione Sicilia Raffaele Lombardo e del Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo.
La difesa del territorio, che promettevano di realizzare attraverso un decreto che impediva le trivellazioni entro 12 km dalle aree protette, non ha dato i frutti sperati dai siciliani. Un esempio al riguardo sono le dichiarazioni rilasciate da una delle compagnie in lizza per l’oro nero dell’isola, la Northern Petroleum:
La legislazione italiana che vieta le trivellazioni off-shore entro le 12 miglia dalla costa avrà un effetto irrilevante sugli assetti della compagnia
A rischio per via delle trivellazioni non c’è solamente un’economia che sul turismo ha puntato molto (e fa delle pesca un’altra sua importantissima risorsa), ma anche un patrimonio ambientale unico fatto di biodiversità e specie marine rarissime. A testimoniarlo uno studio realizzato dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) denominato “Biodiversità Canale di Sicilia”. Il responsabile del progetto spiega nel loro comunicato stampa che:
Queste isole rappresentano un’area di incredibile ricchezza naturale, oggi a rischio visto che di recente sono state avviate trivellazioni che hanno individuato ricchi giacimenti petroliferi nella zona di Pantelleria e in altri tratti del Canale di Sicilia. L’istituzione dell’area marina protetta prevista per Pantelleria impedirebbe questo tipo di operazioni, almeno in prossimità dell’isola.
Proprio in quelle zone dove ora le varie Transunion, Audax, oltre alla stessa Northern Petroleum, stanno fiutando guadagno, da tempo le Nazioni Unite attraverso la Commissione per la Protezione del Mediterraneo SPAMI (Specially Protected Areas of Mediterranean Importance) hanno chiesto l’attivazione di un parco marino a tutela proprio dell’immenso patrimonio di biodiversità di quell’area marina siciliana. Invito che è rimasto a tutt’oggi disatteso dal ministro Prestigiacomo.
Il danno ambientale che si rischia in caso di trivellazioni non è l’unico a far pendere l’ago della bilancia a favore dei sindaci e delle associazioni in rivolta, nel frattempo cotistuisi nel comitato Stoppa la piattaforma. è un progetto che risulta anche estremamente anti-economico per i siciliani.
Le royalty promesse a regioni e comuni ammonterebbero a un misero 4% contro l’85% di Libia e Indonesia, l’80 di Russia e Norvegia, il 60 in Alaska, e il 50% in Canada. Il tutto con una franchigia: se non venisse estratto petrolio oltre il limite annuo prefissato non verrebbe corrisposto neanche un euro. Ulteriore beffa per l’Italia viene dal rapporto annuale della Cygam (altra società petrolifera, con interessi nell’adriatico), in cui il nostro paese viene definito come la soluzione ideale per l’estrazione di petrolio off-shore per l’assenza di restrizioni e di limiti al rimpatrio dei profitti.
Tutto questo mentre anche le coste agrigentine stanno per diventare a rischio: la Hunt Oil Company ha presentato richiesta di permesso di trivellazione a pochi chilometri dall’Isola Ferdinandea, a ridosso del Regno di Empedocle, un complesso vulcanico sottomarino ancora in attività che continua a far tremare i fondali della zona.
Claudio Schirru, http://www.greenstyle.it/
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