“Il prossimo presidente dovrà guidare il Paese sulla via della democrazia, della libertà d’espressione e dell’uguaglianza tra gli egiziani- dicono a chiare lettere, facendo sentire la propria voce, in un documento ufficiale i vescovi copto-cristiani d’Egitto - tanto sul piano dei diritti che dei doveri”.
E in effetti, in attesa del ballottaggio del 16-17 giugno per l’elezione del presidente,che sarà la nuova guida dopo l’era Mubarak, questo pensiero rispecchia in pectore il sentire, e quindi i desiderata, della maggior parte della popolazione egiziana.
Le motivazioni che spingono la gente di ogni ceto e ambiente, ad eccezione fatta delle caste privilegiate (e sappiamo quali sono), verso questa direttrice di pensiero sono molteplici e anche molto differenti.
I copto-cristiani per esempio sono, in Egitto, coloro che si aspetterebbero sul serio molto e molto di più dal “nuovo” corso.
Quanto meno di non essere discriminati,se non quando addirittura perseguitati, come spesso è accaduto anche in un recente passato e continua ad accadere quotidianamente nell’ambito della società civile.
L’attesa, dunque, non fa certo dormire sonni tranquilli quasi a nessuno, poiché parliamo di un Paese nel complesso estremamente popoloso e povero,diviso tra militari arroganti e/o propugnatori della sharìa, in cui i giovani(i non privilegiati) incontrano ormai enormi difficoltà d’inserimento nel mondo del lavoro (eccezione fatta per soluzioni limitate nel tempo e precarie) e sono costretti così ad un’emigrazione forzosa in giro per il mondo.
Mondo che oggi, è noto che privilegia i respingimenti piuttosto che l’accoglienza.
Dopo la vittoria a maggio, alle legislative, del partito “Libertà e Giustizia” dei Fratelli musulmani(47,2%) e il clamoroso successo dei salafiti di “Al Nour”(24,3%) , su chi cadrà la scelta dell’elettorato per l’uomo “nuovo”, che guiderà l’Egitto nei prossimi anni ?
Sarà Mohamed Mursi (islamista moderato?) o Ahmed Shafiq (uomo dell’antico regime) ?
Quello che lascia perplessi gli osservatori è , a respirarlo in loco, un certo diffuso clima di rassegnazione da parte di tutti in quanto paiono inghiottiti nel nulla gli eventuali candidati laici e democratici, come se piazza Tahrir non ci fosse mai stata.
Insomma dobbiamo convenire che quella egiziana è stata una velleitaria “primavera “ a conti fatti.
Che essa quasi certamente non darà i frutti promessi e sperati e che comunque qualcuno, esperto di “cose” egiziane, aveva previsto in partenza?
Per il prossimo appuntamento alle urne, allora, sarà il caso di incrociare le dita e di mettersi forse a “pregare”, come certamente faranno i copti-cristiani, è proprio il caso di dire, perché non si caschi dalla padella nella brace.
Marianna Micheluzzi (Ukundimana)