Ho conosciuto tante donne nella mia vita: mescia Pippi, nonna Oliva, Nina, la signora Oronza, la signorina De Vitis ..… Donne forti, indipendenti “dentro”, donne che non avevano bisogno di manifestare per affermare il loro ruolo; donne che hanno lavorato dentro e fuori casa, e cresciuto figli credendo profondamente nel valore della famiglia.
Una di queste donne è stata zia Pippi. Molti la ricordano come Mescia Pippi, la mugghere de mesciu ‘Nzinu pianista. Per me era solo la zia che mi aveva cresciuta quando mamma era stata male, la zia che mi aveva curata da lu ‘mbriddru acqualuru, e che con quelle dosi brevi e lapidarie di saggezza antica che sono i proverbi, mi offriva una possibile via di soluzione alle difficoltà del crescere. Egna de ci cchiù nd’ae figghia …..
Ti ricordi, zia, l’estate quando da piccoli papà ci portava al mare allu bacinu ?
C’erano una decina di famiglie di Surbo che montava sui rigni (le dune) più alti, le barracche (casette di legno con all’interno una zona giorno ed una zona notte). Le barracche si montavano qualche giorno prima della festa di San Pantaleo. La sera della festa, dopo la messa di mezzanotte, si partiva per il mare con i traìni. Una volta insieme a zia, fu permesso di salire sul traìno anche a me e a mio fratello: ricordo ancora gli scossoni del viaggio, il cielo pieno di stelle, e la sensazione di partecipare ad una vera avventura. La mattina ci faceva fare colazione cullu zabaglione con dentro una goccia di marsala. Poi lei ci lasciava esplorare i dintorni: la zona del bacino (tra Spiaggia Bella e Torre Chianca) era piena di dune alte, macchia mediterranea, animali di tanti tipi. C’era solo una masseria in lontananza, ed una casa vicino al mare. Spesso si andava ai fiumiceddri a pescare le ndriddre (piccole anguille). Oppure si andava nelle zone di scogli a pescare caùri e pilose (granchi). Al bacino l’acqua era profonda e fredda, e ogni tanto con zia e gli altri ragazzi si andava a mettere lu sarginiscu (cocomero) a rinfrescare un po’ nell’acqua. Una volta la settimana arrivava un traìno col carico di blocchi di ghiaccio ricoperti di paglia perché non si sciogliessero. Zia Pippi aveva una ghiacciaia zincata dove metteva il blocco di ghiaccio: non c’era luce e quello era il solo modo di conservare il cibo. Quel giorno la zia ci preparava la rattata di ghiaccio cullu limone e lu zuccaru.(la granita fatta in casa).
Ma il periodo dell’anno più bello in assoluto era quello delle feste di Natale: zia Pippi era il Natale. La sera della icilia (vigilia) si stava tutti insieme a giocare a tombola mentre la zia preparava le pittule: bianche, con i prummitori e chiappari, con il caulufiuru, a volte anche col baccalà. Noi piccoli ci riempivamo fino a scoppiare perché, allora, le pittule si mangiavano solo per l’Immacolata e per Natale.
Zia odiava la televisione, e mentre noi aspettavamo che lo speaker dicesse che era arrivata la fatidica mezzanotte, lei seduta lontano dalla TV scuoteva la testa, “percè Capudannu è rriatu sempre, puru senza televisione”.
E ancora oggi quando mi arrabbio con qualcuno che crede di sapere e invece non sa e pretende di avere ragione solo perché occupa una poltrona, mi viene sempre in mente “Egna de ci cchiù nd’ae figghia …..”(venga da chi più ha cervello il capire quando fermarsi).