Gli Eitarnora sono una delle scoperte del (mio) 2013. Il duo, a metà strada tra drone e folk, ambient e americana, regala un’oretta di fragilissima serenità: chitarra quasi sempre acustica, un paio di note (di synth? Armonium?) espanse all’infinito e voce tra Sigur Rós e Pyramids. Con loro ce ne possiamo stare in disparte, in ombra, a riflettere al riparo da un sole accecante. Sono tristi, ma non neri, forse sarebbe meglio dire malinconici, però non basta, perché la loro musica si muove lungo il confine tra inquietudine e pace: un indefinito che avvince. Gli ospiti, che non intaccano il minimalismo intenzionale del disco, sono indovinati. La presenza dei due Kinit Her dice molto su come inquadrare il contesto di genere in cui ci troviamo: il suono del violino di Troy Schafer qui è logico e naturale, tanto che non sembra nemmeno per un secondo qualcosa di esterno; il lavoro in sede di mastering di Nathaniel Ritter, poi, sembra dare maggior brillantezza e respiro al suono. Anche la partecipazione degli Architeuthis Rex è molto proficua, soprattutto quella di Francesca/Crisne/Agarttha, la cui voce quasi affranta accresce la magia di “The Grey Light” (si suppone che ci sia anche qualche intervento ai synth nel suo stile).
Molto meglio questa declinazione mezza psichedelica e rarefatta del genere che le marcette di molti esponenti del cosiddetto “neo-folk”, nomi storici esclusi, of course. Non hanno inventato loro questa declinazione, non vorrei che la recensione divenisse un’agiografia, ma gli Eitarnora sono un gruppo da seguire, non ci sono dubbi.
email print