Magazine Europa
Nel nostro girovagare alla scoperta della parte centrale dell'isola, le strade si snodano fra palme piegate dal vento, pale eoliche che roteano a tutta birra, statue di Buddha in un giardino che ti chiedi cosa cavolo centrano e soprattutto il magico incontro con questa terra nero antracite con il verde delle colture che risalta come in un quadro e le jerie, questi muretti protettori di pietra, alla base centrale dei quali la sola vite piantata aspetta di crescere e che si estendono, come un paesaggio lunare, particolarmente nell'area della località La Geria fitta di vigneti.
Yaiza, Harìa, paesini considerati fra i più antichi e pittoreschi dell'isola, case bianche a forma di cubo, i tetti piatti col terrazzo in cima, palmeti, vicoli addormentati e silenziosi, se non fosse per la cura, l'ordine e la pulizia estrema dei luoghi e l'immancabile piazza centrale con la chiesa di matrice urbanistica tipicamente spagnola, sembrerebbe di essere in Tunisia o Marocco. Pranziamo vicino a Mozaga per vedere la Casa- Museo del Campesino che oltre ad oggetti e ambienti rurali, ospita vari laboratori dedicati alle antiche attività contadine di Lanzarote.
Chiaramente percepibile la mano di César Manrique nella sistemazioni dei luoghi ma per quanto concerne l'adiacente immenso Monumento al Campesino, meno lo si vede e meglio è. Bellissima invece una doppia sedia particolare che scopriremo nei giorni successivi essere usata sui dorsi dei cammelli per le gite verso il parco vulcanico di Timanfaya e dei modellini delle varie "ermite", le chiese dell'isola.
E poi là adagiata lungo i fianchi delle colline si erge Teguise, città fra le più ricche di storia, fondata nel 1418 da Maciot, nipote e successore di quel Jean de Béthencourt, cavaliere normanno sbarcato per la prima volta alle Canarie nel 1402 e ritornatovi due anni dopo con il sostegno della corona di Castiglia. Vinta la blanda resistenza dei pacifici "guanci", la popolazione autoctona delle Canarie, i conquistadores si installarono stabilmente sulle isole.
Con le sue ampie piazze e le vie in ciottolato costeggiate da belle case accuratamente restaurate per secoli Teguise testimonia di antichi splendore e ricchezza, non a caso è stata la capitale di Lanzarote fino al 1852 quando ha ceduto il posto ad Arrecife e non a caso è stata più volte saccheggiata dai pirati. C'è una strada che si chiama La Callejòn de la Sangre che deve il suo nome proprio al più grave di tali episodi e commemora le vittime del massacro avvenuto nel 1596. Potrebbe certo raccontare queste storie l'eclettica chiesa Nuestra Senora de Guadalupe in pieno centro del paese eretta a metà del XV° secolo.
Sul lato opposto della piazza della chiesa si trova il Palazzo Spinola di fine 1700, splendida residenza con un patio e un pozzo interni. Fino al 1989 sede ufficiale del governo delle isole Canarie, dopo i lavori di restauro del nostro César Manrique e adesso è solo un bellissimo museo.
C'era una mostra didatticamente articolata sul "timple", la chitarra a cinque corde tipica del folclore musicale delle Canerie, "il simbolo sonoro di una comunità" come titolava una didascalia e altre chitarre, parenti vicini o lontani del timple provenienti da tutto il mondo. Le corde prima di essere modernamente di nylon o di fibra di carbonio erano fatte tradizionalmente con le interiora degli animali e malgrado caratteristiche comuni ogni artigiano crea e personalizza lo strumento a modo suo. Interessante anche leggere dei "diabletes", personaggi tipici di Teguise, presenti nel passato sui carri rituali durante le festività religiose, particolarmente durante la festa cristiana del Corpus Christi, massima espressione religiosa nel mondo iberico, in Sud America e nelle Canarie. Si sono persi nel tempo quei cortei rituali con grande profusione di danze e opere teatrali, ma laicamente convertitisi in feste profane come per esempio il carnevale i diabletes sono rimasti a macchiare e spruzzare scherzosamente la gente e ogni paese delle Canarie ha i suoi personaggi caratteristici.
Il mio luogo preferito però a Teguise è stato una casa ai limiti della cittadina, che con grande poesia il proprietario, nessuna indicazione sul suo nome, ha chiamato El paraiso de los recuerdos. Un vero bric a brac, disposti fantasiosamente in giardino in compagnia di statue bianche tantissimi vecchi oggetti di tutti i tipi. Mi ha ricordato a Puerto Varas in Cile il museo di Pablo Fierro fatto con materiali di recupero. (http://nathansara.blogspot.it/2012/03/con-la-frangetta.html)
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