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C’era una volta il Messico di Sam Peckinpah, doloroso e orgoglioso, sporco e tenace. Più vero del vero. E c’era il Messico di Luis Buñuel, quello feroce del grande teschio che partoriva figli dell’inganno e della violenza. In pochi hanno viaggiato nel Messico di Emilio “El Indio” Fernández. Uno che nel 1946 vinceva la Palma d’oro al Festival di Cannes con un film sconvolgente come Maria Candelaria (1943). Per tanti è stato il mefistofelico Mapache nel Mucchio selvaggio (The Wild Buch, 1969) o la figura mitologica del fazendero El Jefe nel capolavoro Voglio la testa di Garcia (Bring Me the Head of Alfredo Garcia, 1974). Come dargli torto…
Da qualche anno è Guillermo Arriaga a infuocare gli animi dei cinefili con Quetzalcoatl nel sangue. Prima in qualità di sceneggiatore di fiducia di Alejandro González Iñárritu, poi come regista (The Burning Plain, 2008). Per Iñárritu rimangono impressi nella mente i meccanismi ad orologeria, le geometrie universali, le realtà frammentate e dominate dal “caos lineare” di Amores perros (2000) e Babel (2006). Meno il pasticciato ed estetizzante compiacimento di 21 grammi (21 Grams, 2003). Il capolavoro è la sceneggiatura scritta in punta di penna per l’esordio alla regia di Tommy Lee Jones Le tre sepolture (The Three Burials of Melquiades Estrada, 2005), uno dei film più belli degli ultimi dieci o quindici anni. Sintetizza tutto al meglio il solito Valerio Caprara: «La forza allucinatoria dei corruschi paesaggi, l’incisiva essenzialità delle recitazioni e degli episodi di contrappunto e l’equilibrio con cui è giocato l’elemento grottesco (i colloqui di carceriere e carcerato con le fattezze del povero messicano in disfacimento) conferiscono all’opera prima di Tommy Lee Jones il nitore dei western di ultima generazione, rimpiante pietre miliari di un cinema che non voleva parlare solo a se stesso».
Prossima sceneggiatura sarà quella di The Tiger, previsto per il 2012 e tratto da “The Tiger: A True Story of Vengeance and Survival” di John Vaillant. Per la regia di Darren Aronofsky, protagonista Brad Pitt. C’è da tremare. Nell’attesa, è essenziale una piccola perla uscita stavolta in punta di macchina da presa. El pozo. Il pozzo. Cortometraggio che è parte del progetto 13 formas de amar a mi México, 13 corti commissionati a registi e sceneggiatori da TV Azteca. Un racconto duro, drammatico, polveroso. Allevatori di capre e contadini, banditi a cavallo e bambini. Il deserto del Coahuila nel 1914 fa da sfondo a questa vicenda di amore e coraggio. Della Rivoluzione importa poco o nulla. Della sofferenza di Quique siamo complici. Oltre che vittime e responsabili.
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