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Elbow - Build A Rocket Boys!

Creato il 21 agosto 2011 da Beppax
Elbow - Build A Rocket Boys!
Sei in macchina. Saranno le 4 della mattina, pensi sovrappensiero. Che poi basterebbe guardare l’orologio dell’autoradio. Ti guardi vivere e guidi. Ti hanno appena fermato i carabinieri e non capisci perché non ti abbiano fatto il test alcoolico. Ed è in questo preciso istante che senti i singoli rintocchi del pianoforte: The Night Will Always Win. E fai davvero fatica a trattenere lacrime e sorrisi. Riesci solamente a tirar un gran sospiro di sollievo. Per liberarti dalla tensione: finalmente i muscoli si rilassano. E pensare che per te è davvero difficile capire le emozioni che ti provocano le persone. Non riesci ad afferrarle, a viverle completamente. Con la musica invece è tutto molto più facile.

Sovrappensiero è arrivata l’estate.

Hai consumato il loro primo album, Asleep in the Back del 2001. E poi li hai persi di vista, per ritrovarli qualche mese fa: Build A Rocket Boys! degli Elbow non ha nulla a che fare con l’estate. Il suo lento incedere rimanda al cadere delle foglie e allo sbocciare dei fiori.

Gli Elbow scrivono “belle” canzoni. Come The Birds, che inizia lenta, quasi con rassegnazione ma che poi si fa vita e la voce calda e leggera di Guy Garvey, che tanto ti ricorda Peter Gabriel, diventa un unico corpo con il tappeto arioso di tastiere e archi.
Lippy Kids, con quel motivetto fischiato in lontananza per dare un tocco di allegria ad una canzone malinconica. With Love, un inno che vorresti cantare nelle notti di tarda estate attorno ad un falò quando il vento obbliga la tua ragazza a rifugiarsi tra le tue braccia. Neat Little Rows: le cose iniziano a movimentarsi, la voce è come se raccontasse una fiaba spaventosa a bambini impauriti, il solido riff di basso dà struttura al tutto. Si ritorna subito alla calma, con Jesus is a Rochdale Girl e The Night Will Always Win, dov'è protagonista la voce di Guy Garvey: nella prima si fa sussurro e il pianoforte dà colore ad una chitarra acustica che si sente troppo sola, nella seconda è intensa e implorante e il pianoforte è ossessivo.
E poi la spensierata High Ideals. The River, con la voce ancora quasi unica protagonista e impaurita nell’interrompere l’essenzialità del suono. Open Arms, altro inno, questa volta da cantare tutti insieme con migliaia di persone per poter iniziare una rivoluzione pacifica. Per finire in serenità con Dear Friend.

Perché in fondo anche l’amore è un sovrappensiero.


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